Di EMILIO VITTOZZI
Per ricordare la caduta del Duce, la Famiglia Cervi in Campegine (Reggio Emilia) organizzò la “Pastasciutta in piazza” sottolineando, così, che la pasta era in bianco e le camicie no…Un modo conviviale per festeggiare l’inizio della fine del Fascismo: per “celebrare il più bel funerale” si pensò di distribuire della pasta condita con burro e formaggio a tutta la popolazione ancora viva.Il 25 luglio 1943 i Fratelli Cervi e la loro famiglia, per festeggiare la destituzione e l’arresto di Benito Mussolini, a seguito della riunione del Gran Consiglio del Fascismo, prepararono e offrirono chili di pasta a tutta la comunità della vicina Campegine.I Cervi sapevano che la guerra non era certo finita e il nemico non era sconfitto: solo pochi mesi più tardi, il 28 dicembre 1943, i Sette Fratelli, insieme a Quarto Camurri, vennero fucilati dai fascisti a Reggio Emilia. Ma quel giorno decisero comunque di festeggiare insieme, uniti nella speranza di un mondo libero e democratico.
Questa tradizione continua ancora oggi, simbolo di Antifascismo, pace e convivialità contro ogni ingiustizia e dittatura. Viviamo tempi difficili, quasi asociali, con una destra al governo sempre più becera, arrogante, violenta, razzista. L’importanza di questo appuntamento non è legata soltanto al fatto storico della ‘Famiglia Cervi, ma all’attualità del nostro contesto sociale: il sentimento antidemocratico è diffuso ed è un pericolo che vediamo anzitutto nell’atteggiamento di chi contribuisce ad alimentare odio, intolleranza, diseguaglianze. Il contrario del fascismo è la democrazia; per questo tutti dovremmo riconoscerci antifascisti e sentirci uniti anche in questa “Festa della Pastasciutta” che si svolge in innumerevoli paesi italiani. A Portici l’appuntamento è Giovedì 25 Luglio, alle ore 18.30, al Viale Bernini con l’organizzazione della Rete Associativa “Verso il 25 Aprile”. Personalmente invito tutti a leggere “Lettere di condannati a morte della Resistenza Italiana” (Einaudi) per “entrare” a pieno nello spirito dell’Iniziativa: è un libro di 356 pagine riportante l’ultima azione di 112 condannati a morte i quali conclusero la loro parte di lotta comunicando ai familiari o ai compagni un’estrema, ultima notizia di se, un addio, un mandato, un sigillo ideale. Con la denominazione di “Lettere di condannati a morte” si intende lettere o messaggi di Partigiani scritte quando essi, catturati dai nazifascisti, già sanno che verranno uccisi… Tutte, e sottolineo tutte, le lettere sono struggenti, grondanti di Amore per l’Italia, la Libertà, la propria famiglia: di tutte, dovendo sceglierne solo 4 da rimarcare ho scelto quella di Domenico (Nino) Bertinatti, Pedro Ferreira, Aleandro Longhi (Bianchi), Giancarlo Puecher Passavalli, senza nulla togliere alle rimanenti 108! Giovani e giovanissimi, in galera, prossimi alla morte per mano di un nemico “aiutato” da Italiani, scrivono ai familiari, alla madre, alla moglie, alla fidanzata, ai compagni di studio, di lavoro, di vita: appartengono alle realtà sociali e culturali più diverse, che lasciano al lettore meno superficiale una profonda amarezza, una sincera commozione…
“LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA ITALIA”
Einaudi. € 14,50
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