di Sirio Conte
E’ stata presentata nei giorni scorsi a Roma, in una Conferenza Stampa alla Camera dei Deputati, la campagna “FERMA IL RIARMO!” promossa da Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace, Greenpeace Italia, Rete Italiana Pace e Disarmo e Sbilanciamoci.
Questa campagna ha come obiettivo la riduzione delle spese militari e lo spostamento delle risorse così risparmiate su investimenti più utili a favore di salute, istruzione, ambiente, solidarietà e pace. Al tempo stesso intende porre all’attenzione dell’opinione pubblica le spropositate spese per strutture militari ed armamenti nel nostro Paese, evidenziando quanto, con questi soldi, si potrebbe realizzare in termini di spesa sociale, di pace e di sviluppo.
E’ dall’inizio di questo secolo che la spesa militare globale, già pesantemente alta, è cresciuta in modo esponenziale, come dimostrano tutti i dati internazionali più attendibili: una tendenza ulteriormente rafforzata negli ultimi due anni e mezzo a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e della ripresa di retoriche e politiche sempre più allineate alle richieste del comparto militare-industriale-finanziario. Attualmente, secondo i dati del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), le spese militari nel mondo ammontano a circa 2.500 miliardi di dollari. Una tendenza che, vista l’escalation dei conflitti (in particolare quello russo/ucraino e la guerra scatenata da Israele che rischia di incendiare tutto il Medioriente) non accenna ad invertirsi. Anzi le pressioni e le minacce del comparto militare puntano ad annichilire ogni tentativo di trovare soluzioni pacifiche alle crisi in corso. Da questo punto di vista è gravissima la pressione che la Nato ha svolto nei confronti dei paesi membri per imporre un livello di spesa militare pari al 2% del pil. Secondo la classificazione Nato, nel 2023 l’Italia ha speso 28,6 miliardi per la difesa. Nel 2024 dovrebbe spenderne 39,2 per essere in linea con la richiesta del 2% del Pil. Dai dati del documento programmatico pluriennale della Difesa, nel 2023 l’Italia ha speso l’1,46% del Pil, nel 2024 spenderà l’1,43% e nel 2025 l’1,45%.
Per questo l’opposizione alle spese militari rimane uno dei punti qualificanti dell’azione del variegato movimento pacifista, nonviolento e per la giustizia sociale, entrando in sintonia con un orientamento diffuso nell’opinione pubblica come dimostrano ad oggi diversi sondaggi. Appare quindi urgente rilanciare una mobilitazione collettiva forte contro le spese militari, con nuovi strumenti e nuova capacità di attivazione. Senza partire da zero, ma anzi rafforzando tendenze e collaborazioni già presenti per essere sempre più incisivi grazie a una nuova “campagna/mobilitazione” che vuole rimettere in fila quanto già fatto, riprendendo e rilanciando i punti e ragionamenti “chiave” già sviluppati per dimostrare che l’aumento della spesa militare (sia in termini quantitativi che qualitativi) è una minaccia per il futuro di tutti.
Le proposte della Campagna “Ferma il riarmo” sono chiare e prendono avvio dalle analisi, gli approfondimenti, le azioni già condotte in questi anni:
ridurre la spesa militare a livello nazionale e globale, con creazione di nuovi percorsi di disarmo;
utilizzare le risorse liberate dalla spesa militare per spese sociali, ambientali e per il rafforzamento degli strumenti di pace;
tassare gli extra profitti dell’industria militare;
diminuire i fondi destinati alle missioni militari all’estero;
aumentare controlli su influenza indebita dell’industria militare su bilancio ed export militare.
E’quindi giunto il tempo di intervenire, tutte e tutti, sulla politica, sui media, sulla nostra stessa società, per stimolare una riflessione su queste proposte di alternativa alle spese militari e su cosa davvero sia necessario per fermare le guerre in corso,ridurre l’insicurezza armata globale e ridare fiducia nel futuro, in particolare alle nuove generazioni.
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