Sotto le coperte, il cuore al cinema
di Tonino Scala
Ieri sera, mentre il freddo pungente dell’inverno bussava ai vetri, ho trovato rifugio sotto le coperte e nel calore di un film che mi ha travolto. Il treno dei bambini, tratto dal romanzo di Viola Ardone, è un’opera che non lascia indifferenti, che scava a fondo nell’anima e ti riporta indietro nel tempo, in un’Italia ferita dalla guerra, ma mai priva di speranza.
La storia segue Amerigo, un bambino del Sud che, grazie all’iniziativa del Partito Comunista Italiano, viene accolto da una famiglia del Nord durante il duro inverno del dopoguerra. È un viaggio fatto di dolore, scoperta e crescita: Amerigo lascia la povertà della sua casa per scoprire un mondo diverso, dove la solidarietà si manifesta non solo nei gesti concreti, ma in una visione collettiva del futuro.
Ho pianto, non lo nego. Lacrime amare per la miseria e le cicatrici della guerra, ma anche lacrime di gioia per la bellezza di un’umanità capace di unirsi, di risollevarsi insieme. Perché in quella storia non c’è solo un bambino, ma un intero Paese che tenta di ricostruirsi, mattone dopo mattone, sogno dopo sogno.
E c’è il PCI, il Partito Comunista Italiano, protagonista silenzioso ma potentissimo. Un partito che non era solo politica, ma una vera e propria agenzia sociale, un laboratorio di solidarietà e cambiamento. Le sezioni non erano solo luoghi di discussione, ma officine di progetti concreti, di sacrifici condivisi per il bene comune. Era il partito che organizzava questi “treni della speranza”, che portava i figli del Sud a vivere in famiglie del Nord per salvarli dalla fame, dal freddo, dalla disperazione.
Quando oggi qualcuno tenta di associare il comunismo italiano al fascismo, dimostra di non conoscere la storia. Perché quel partito, il mio partito, è stato una delle forze che hanno contribuito alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo e alla costruzione di una democrazia. E soprattutto, è stato il simbolo di una politica che non si limitava a parole vuote, ma che agiva, che si sporcava le mani, che credeva nella possibilità di un mondo migliore.
Guardando questo film, ho pensato a quanto ci manchi oggi quella visione collettiva, quella capacità di sognare insieme. In tempi di Autonomia Differenziata e individualismo esasperato, Il treno dei bambini ci ricorda che il vero progresso non è mai solitario. È fatto di mani che si stringono, di sacrifici condivisi, di strade percorse insieme.
E allora, nel buio di queste sere prenatalizie, il film mi ha lasciato una speranza: che la politica possa tornare ad essere ciò che dovrebbe essere, un atto d’amore, una scelta di responsabilità verso gli altri. Un sogno che si costruisce insieme, come si faceva un tempo, sotto lo stesso cielo, a Nord e a Sud.
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