
di Gabriella Notorio
Mi sono dovuta fermare almeno dieci minuti prima di pensare a come argomentare quanto detto dal consigliere di FdL dell’Emilia Romagna, Priamo Bocchi.
È estremamente grave, se non gravissimo, ricondurre la violenza contro le donne o la questione dei diritti femminili ad una problema di virilità. Tra l’altro, ciò che questo signore (dato che alle donne, lavoratrici, anche professioniste o laureate si dà caldamente della signora) non sa è che nel concetto stesso di virilità si è innescata la vera trappola per gli uomini, i quali storicamente e culturalmente hanno costruito un falso mito. Per cui, se è certo chiedersi se gli uomini siano da sempre schiavi del loro “sesso”, è lecito, tuttavia, usare le giuste parole per chiarire il malinteso: “POTERE E GENERE”.
Dato che poi la sociologia viene messa in campo sempre da chi non è in grado di farne buon uso, non essendo di fatto nemmeno esperto in materia, vale la pena solleticare lo spirito critico di chi legge, anche con una semplice riflessione. E partiamo proprio dal fatto che storicamente, per consolidare il proprio potere, il maschio, sin dalle origini della nostra civiltà, ha teorizzato la sua idea di supremazia attraverso la virilità. Una virilità centrata principalmente sui caratteri sessuali e sulla forza fisica, in sostanza sul primato del suo corpo. Da qui l’idea della debolezza fisica femminile, con la conseguente preclusione della donna da tutti gli ambiti di vita ritenuti adatti ai forti, ovvero agli uomini: lo sport, la religione, l’economia e la politica.
È su questa base che le donne sono state ricondotte ad una posizione di inferiorità, prima fisica e poi sociale, potendo e dovendosi solo occupare della casa e dei figli. Sul falso mito della virilità maschile è stato costruito l’ordine sociale, politico, religioso, economico e sessuale della nostra società, antica e moderna. Il tutto in modo asimmetrico ed a svantaggio del cosiddetto “sesso debole”, le donne. E siamo finiti per essere una società che esalta la forza più che l’intelligenza, ad esempio. Come poi ha dimostrato il Fascismo in Italia in cui la virilità contava più delle buone maniere. I padri accompagnavano i figli nelle case chiuse perché apprendessero la virilità non solo come sfogo, ma principalmente per dimostrare l’onorabilità familiare. E le donne, certo, quelle non potevano “maschilizzarsi”; impossibile svolgere compiti ritenuti degli uomini proprio per non compromettere la loro virilità.
Forse il consigliere di FdL voleva dire le stesse cose, proprio come fu detto nella Critica Fascista n.11, 193?
E allora senza voler entrare troppo sulle questioni di genere, scomodando gli studi di genere o la storia del nostro paese, viene spontanea una domanda: “Essere uomini vuol dire, dunque, essere virili? E se non si è virili si è di conseguenza violenti?
E ciò che questo signore, chiamiamolo sempre così, dice degli uomini.
Si diventerebbe violenti perdendo la propria virilità nel confronto con le donne, i loro diritti e bisogni.
Ma perché poi in una società moderna l’uomo dovrebbe costantemente sentire questo bisogno di dimostrare la propria virilità e performarla sempre?
Olivia Gazalè sottolinea come la parola “testicoli” rimarchi tale necessità, in quanto il termine “testis” vuol dire testimone. Un uomo che testimonia sé stesso attraverso il carattere maschile nel timore che di esser messo in dubbio. La figura maschile però non è onnipotente, né onnisciente. E forse se gli uomini sono così tanto disorientati oggi è perché sono caduti in una trappola che si sono costruiti da soli.
Che brutta immagine viene proposta dell’uomo moderno, anche italiano. Un soggetto instabile, insicuro, inquieto, depauperato delle sue capacità. E soprattutto violento.
Ovviamente è implicito che in questo discorso la colpa ricada banalmente ancora sulle vittime, sulle donne, banalmente.
Non serve incolpare le donne di tutto questo disordine; piuttosto urge decostruire i valori del maschile ed incentrarli sul rispetto dell’altro da Sé. Educazione ai sentimenti come mezzo per lavorare sulla propria identità.
Un uomo in grado di comprendere le sue emozioni e saperle gestire non avrà bisogno di dominare l’altro per affermare se stesso. Né di riversare le sue frustrazioni personali su una donna. Saprà accettare un rifiuto nei rapporti sessuali ed una donna più abile e capace di lui sul piano lavorativo. Soprattutto non sentirà lesa la sua virilità quando è chiamato a rispettare quelli delle donne.
E nell’attesa di un così importante cambiamento culturale di certo non si può tacere, soprattutto perché è doveroso contrastare la continua misoginia che ci portiamo addosso da troppo tempo.
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