Ciro e il prezzo dell’ingiustizia: quando la precarietà nega il futuro

 

di Monica Buonanno

Ciro, a 31 anni, ha scelto la morte piuttosto che un futuro senza speranza. Era giovane, precario, sotto sfratto, viveva a Caivano. Un’esistenza segnata da difficoltà e disuguaglianze sempre più profonde. Essere giovani oggi, senza un lavoro stabile, senza una casa, in una periferia dimenticata, significa sapere che, se le cose migliorano, è solo grazie a un colpo di fortuna o alla generosità di qualcuno.

 

Ciro non ha visto alternative.

 

Chi mi conosce sa quanto creda nella circolarità dei diritti: lavoro, casa, istruzione, salute, identità. Sulla carta sono garantiti a tutti, ma nella realtà si sgretolano sotto il peso di un sistema che esalta la ricchezza, l’effimero, l’ignoranza. Un sistema che nemmeno il liberismo più sfrenato avrebbe immaginato.

 

Perdere il lavoro significa spesso perdere tutto il resto. Ed è proprio questo il punto della mia riflessione: non esistono diritti più essenziali di altri. Serve una visione complessiva dell’agire pubblico, capace di dare risposte concrete ai bisogni delle comunità.

 

Oggi il mio pensiero va a Ciro. E con esso, una promessa: non arretrerò di un centimetro su due principi fondamentali. La memoria – perché dimenticare significa accettare. E la responsabilità – perché ciò che accade riguarda tutti noi.

 

E non dimentico il valore della partecipazione: a maggio a Napoli si terrà il Social Forum per l’Abitare, una serie di incontri tematici, che seguono l’edizione 2024 di Bologna, che affronteremo con comitati, movimenti e cittadinanza per il diritto alla casa e, più in generale, per un abitare accessibile, giusto e sostenibile.

Non solo vi aspettiamo, ma auspichiamo partecipazione viva, sincera e consapevole.

 

Social Forum Abitare

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