di Tonino Scala
Il mio è un appello.
Un appello alle forze che in questi cinque anni alla Regione Campania hanno contrastato non la persona, ma le politiche messe in campo dal Presidente Vincenzo De Luca, nell’esercizio di un potere che si vuole senza limiti e controlli democratici.
Politiche fatte di tagli lineari e indiscriminati, non solo alla sanità ma al sistema dei servizi sociali nel suo complesso , di annunci, come quello delle rimozioni delle eco balle, che si sono dimostrati solo balle, di occupazione di spazi della pubblica amministrazione con inconfessabili accordi di potere, forzature di norme, a partire dalla Legge “Severino”, che ha portato alla condanna del suo collaboratore personale pur di candidarsi, , alla modifica strumentale dello Statuto introducendo un istituto autoreferenziale come quello della questione di fiducia che diventata una clava a disposizione dell’indole monocratica del Presidente, al fallimento della gestione dell’utilizzo dei fondi europei destinati a promuovere lo sviluppo della regione ma tradottesi in mere mance assistenziali ed elettorali, a partire dal dispendioso e infruttuoso finanziamento a pioggia ad eventi di intrattenimento effimeri e per nulla funzionali a uno sviluppo turistico in particolare delle province interne, all’aver messo in una logica di guerra tra i poveri i padri e i nonni contro i figli, alla palese e incontestabile incapacità di realizzare un ciclo integrato dei rifiuti che invece di rispettare le peculiarità dei territori e lo smaltimento di prossimità ha puntato tutto sulla catena dei mega impianti , tra l’altro non realizzati, in particolare quelli intermedi, non guardando minimamente all’orizzonte di un modello europeo che si orienta a grandi passi verso quello virtuoso e sostenibile dell’economia circolare, alla “salernizzazione” della Campania ridotta nelle sue zone interne a terra di conquista, privando l’intero territorio di un serio piano di bonifica delle aree critiche, a non aver predisposto nessuna concreta iniziativa per la lotta all’inquinamento, il risanamento e il recupero dei fiumi campani, diventati i più inquinati d’Europa, a un familismo amorale che ha guardato più al futuro dei figli (i propri) che all’interesse del territorio, agli accrocchi politici che vedono risorti all’onore politico e alleati cosentiniani, ex missini, pomiciniani, demitiani e mastelliani tutti dalla stessa parte, il peggio delle vecchie classi dirigenti che sempre si muovono in vista di un solo obiettivo: il potere.
Nei mesi scorsi abbiamo posto il tema della costruzione, anche in Campania, di un campo largo nel quale le forze che condividono la responsabilità di governo del Paese, praticassero quella necessaria discontinuità nel modo di concepire la gestione pubblica delle istituzioni nei programmi e nelle persone necessarie alla nostra regione. Prendo atto che quel tentativo, ad oggi, è impraticabile.
Ma non per questo vengono meno le ragioni per battersi.
Dunque, rivolgo un appello a quelle forze che nelle istituzioni e fuori, a partire dal Movimento Cinque Stelle, hanno contrastato con tutti i mezzi a disposizione quel sistema. Mi rivolgo ai movimenti ambientalisti, ai comitati che hanno provato a difendere la sanità pubblica, alle forze di sinistra, , ai singoli cittadini che hanno provato a contrastare un sistema di potere che serviva solo a generare altro potere, alle donne umiliate da parole e gesti, a quelli a cui l’emergenza covid ha ancor più aumentato il distanziamento sociale e politico e il rifiuto nei confronti di una pratica del potere grottesca e sopra le righe apparentemente superficiale in realtà pericolosa perché forza e sempre per finalità particolari le norme, la Costituzione e il buon senso.
A questi uomini e a queste donne va il mio appello accorato: proviamo a costruire l’alternativa.
Il nostro è innanzitutto un dovere morale .
È un dovere provarci, è un dovere tentare a riaccendere una speranza in una Regione che, presa dalla paura, si è stretta intorno all’uomo forte con i deboli e debole e accondiscendente con i forti.
Abbiamo il dovere di ricercare ciò che ci unisce oltre le differenze e provarci.
Produciamo uno sforzo per andare oltre noi stessi e capire quali sono le idee sul futuro della nostra terra che possiamo mettere in comune e utilizziamole per costruire una speranza.
Credo sia un dovere di tutti noi. Lo dobbiamo alla nostra storia politica che, seppur su sponde opposte, è andata in questi cinque anni nella stessa direzione. Divisi non produrremo cambiamento. Uniti possiamo contribuire a scrivere un futuro diverso.
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