Giovanni La Vita: il virus ci insegna che di fronte alle catastrofi non ci sono differenze sociali

Giovanni La Vita: Ariano può e deve puntare sul terzo polo sanitario Avvocato civilista, impegnato nell’attività del terzo settore in ambito sanitario e sportivo, è segretario dell’Associazione Vita, nonché socio fondatore, col presidente Guglielmo Ventre e il coordinatore regionale Anpas, Giuseppe Vitullo. Giovanni La Vita è stato indicato dalla coalizione del centrosinistra (Partito Democratico, Sinistra Italiana, Italia dei valori e movimenti civici) come il candidato sindaco per le prossime elezioni amministrative di Ariano Irpino (20-21 settembre 2020). Di cosa si occupa l’Associazione Vita? Svolge volontariato nell’ambito socio-sanitario e della protezione civile, in particolare nell’assistenza ai diversamente abili e ai soggetti vulnerabili, notevolmente aumentati nel periodo della pandemia. Vita, in prima linea nel contrasto alla diffusione del contagio da Covid-19, è stata incaricata dal Ministero della Giustizia, in convenzione, anche dello svolgimento dei lavori di pubblica utilità. Tra questi, le misure estintive e sostitutive della pena, con particolare riferimento ai reati di guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e psicotrope. L’Associazione dal 2000, ospita in pianta stabile un centro di accoglienza per i bambini del Saharawi e funge da logistica per il Banco Alimentare. Che ruolo ha ricoperto durante l’emergenza coronavirus? Nella fase critica della pandemia abbiamo cooperato con le istituzioni in prima linea nell’emergenza sanitaria 118 per i numerosi casi Covid e sospetti Covid, sul nostro territorio. E abbiamo collaborato con l’Antenna sociale per assistenza e supporto 24 ore su 24, ai soggetti vulnerabili e in situazione di disagio sociale. Siamo stati la prima barriera di contrasto all’epidemia, insieme alla medicina territoriale, che però, è andata in difficoltà di fronte al dilagare del contagio. Come giudichi la reazione organizzativa della Asl di fronte all’emergenza pandemia? Nella fase iniziale, approssimativa, come del resto quella dell’intero sistema sanitario locale. L’approccio non è stato ben orientato rispetto alla gravità del problema: ciò è emerso per la medicina territoriale, così come per l’intero sistema sanitario, nelle sue varie articolazioni. Strada facendo, sia il plesso ospedaliero che le attività correlate, sono state supportate dal terzo settore, che ha sopperito alle criticità manifestatesi. Il modello del buon andamento e dell’efficienza, passa proprio per il terzo settore. Pian piano la Asl ha recuperato, ma la fase iniziale ha evidenziato molte lacune. Il compito della politica di fronte a questi eventi? Anzitutto riconoscere le responsabilità diffuse ai vari livelli della politica sanitaria. Il sistema sanitario regionale ha risentito dei tagli connessi al piano di rientro della spesa, che ha compromesso la qualità dell’offerta sanitaria sul territorio, sia nelle risorse umane che nelle dotazioni strumentali. Oggi, uscendo dal commissariamento sotto il governo De Luca, si registra un miglioramento sui LEA e si guarda con moderato ottimismo agli interventi che miglioreranno la rete ospedaliera. Ariano può e deve puntare sul terzo polo sanitario nell’area omogenea, ancora in fase di gestazione. Chi dovrebbe gestire la sanità, regione o Stato? Temo che il regionalismo differenziato di cui si parla, sia una manovra che accentuerà le iniquità già esistenti sulla redistribuzione della spesa sanitaria. A meno che non si metta mano con raziocinio, alle riforme che riguardano la sanità pubblica, lasciando allo Stato regia e controllo, anche nel riequilibrio degli investimenti. I manager delle Asl: nominati dalla politica o per meriti? Devono essere persone competenti per il ruolo che vanno ad assolvere e avere un curriculum valutabile non sotto il profilo politico, ma delle loro effettive capacità. Insegnamenti del coronavirus? Non ci sono differenze sociali di fronte a eventi straordinari e catastrofici come questo e, la solidarietà tra consociati deve sopravvivere oltre l’emergenza. La comunità scientifica è vulnerabile e ha dimostrato i limiti di una ricerca che si muove più sulla competizione, che sulla corretta interazione. I contagi dopo la riapertura, complice la voglia di vacanze estive, stanno di nuovo risalendo: che fare? Se una cosa la pandemia avrebbe dovuto suggerirci, è il maggior senso di responsabilità generalizzato: mantenendo in piedi le misure del distanziamento sociale, potremmo allontanare lo spettro di una risalita massiva del problema. È necessario però, responsabilizzare in maniera particolare i giovani.
Floriana Mastandrea

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