A proposito della stampa stabiese: l’avventura di Nuova Iskra, periodico della gioventù comunista di Castellammare di Stabia.  1967 – 1972,

 

di Raffaele Scala

Come abbiamo avuto modo di scrivere recentemente, Castellammare di Stabia vanta un antica tradizione nel campo della carta stampata,  risalente quantomeno all’indomani dell’Unità d’Italia. Anzi, a voler essere pignoli, ancor prima, se consideriamo che il suo primo giornale è del 1860 con, La luce del Popolo, giornale filogaribaldino diretto da Agatino Previtera. Il giornale, quattro pagine, nacque proprio sul finire di quella estate, sull’onda del trionfale ingresso  a Napoli, il 7 settembre, di Giuseppe Garibaldi. Nessun protagonista del nostro Risorgimento, come l’Eroe dei Due Mondi, fu da subito tanto osannato quanto odiato e maledetto nel suo Paese e ancora oggi, cento e più anni dopo la sua morte, lo stesso sentimento sembra ancora serpeggiare tra i Settentrionali che lo accusano di aver consegnato al Nord una zavorra e dai Meridionali per avere cancellato dalle carte geografiche un loro Regno indipendente sia dal versante economico che politico.[1] Fatta l’Italia, ancora bisogna fare gli Italiani, avrebbe detto il grande e ormai dimenticato letterato torinese, Massimo D’Azeglio, a sua volta un eroe risorgimenatle. Ma non è l’Italia, Garibaldi e il Regno di Napoli l’oggetto del  nostro argomento, quanto quello più modestamente di ricostruire le vicende di un giornale, forse un semplice periodico di provincia, ma per noi importante e che a suo modo rientra a pieno titolo nella storia culturale della Piccola Città.

Le origini del periodico di cui vogliamo trattare risalgono al 1967, esattamente a settembre di quell’anno, quando dalla piccola stanza  del Circolo dei giovani comunisti di Castellammare uscì un ciclostilato di 18 pagine, presto passato a 20, denominato, abbastanza pomposamente, Nuova Iskra, bollettino interno del Circolo Giovanile Comunista.[2]  Nato dall’ardore e dall’impegno di lotta dei nostri giovani anni.

Per onore della storia Nuova Iskra fu preceduto da un altro Bollettino Interno al Circolo della Fgci, Gioventù Democratica, pubblicato un anno prima, nell’aprile 1966, con il quale il giovanissimo Matteo Cosenza, appena diciottenne, fece il suo esordio come Direttore, dimostrando di sapere fin da subito quale sarebbe stato il suo futuro professionale. La redazione di Nuova Iskra era in via Marconi 72, la stessa sede, ovviamente, del Pci. Il primo numero del mensile, in 189 copie, era firmato dal suo fondatore, Matteo Cosenza, Segretario del locale circolo Fgci e da un anno eletto nella segreteria provinciale dei Giovani comunisti.[3] La restante redazione era composta da  Antonino Di Vuolo (futuro direttore della Biblioteca comunale), Carmine Longobardi, Franco Perez, studente universitario,  a sua volta Segretario del circolo Fgci  e futuro giornalista dell’organo nazionale del Pci, l’Unità. Il Bollettino era impreziosito da due poesie, la prima, (Piedi e mani) di Jean Séneac (1926 – 1973), poeta della libertà e dell’amore franco algerino morto assassinato da sconosciuti, rimasti tali e la seconda (Risoluzione della giovane Africa) del nigeriano, Dennis Osadebay (1926 – 1994).

Il secondo numero, uscito regolarmente in ottobre in 193 copie, si aprì con la notizia della morte di Ernesto Che Guevara (1928 – 1967) assassinato il 9 di quello stesso mese, a sangue freddo, dopo essere stato catturato in Bolivia, un comunista morto da rivoluzionario con le armi in pugno, recitava la copertina del Bollettino. E in suo ricordo riportò una lettera scritta dallo stesso rivoluzionario a Fidel Castro quando decise di lasciare Cuba per continuare la sua disperata lotta contro l’imperialismo. Alle firme già conosciute si aggiunse quella di Giuseppe Criscuolo, un giovane operaio, carpentiere in ferro dell’Italcantieri.

Gli argomenti affrontati, nel primo come nel secondo numero, erano le condizioni dei giovani operai stabiesi, la Rivoluzione d’Ottobre (interviste a diversi studenti), la guerra nel Vietnam. Non si discostò il terzo numero, arrivato a diffondere 228 copie, aprendo con una Tavola rotonda tra giovani operai dell’Italcantieri e dell’Avis, sui problemi della condizione dei giovani operai nelle fabbriche. Ancora una volta a dare un tocco d’internazionalità, non mancò la poesia di classe, stavolta di un  poeta del Congo, Martial Sinda (1935 – vivente), con la sua,  Silenzio, un bellissimo canto di libertà. Il quarto numero di dicembre si aprì con un lungo editoriale di Matteo Cosenza in cui riassumeva le cose fatte in quell’anno difficile, i complicati rapporti con le altre associazioni giovanili, chiudendo con  l’augurio di un 1968 di lotta.

Sarebbe troppo lungo entrare nel merito di ogni numero del Bollettino, entrato ben presto in crisi e ritornato, sempre ciclostilato a dicembre del 1968, che qui ricordiamo per l’esordio di un giovane destinato ad una lunga e brillante carriera politica, Salvatore Vozza, con il suo articolo: Disarmo della polizia. Partendo  dall’eccidio di Avola – due morti e diversi feriti –  e le conseguenti proteste che infiammarono le piazze d’Italia, il giovane Vozza vi intravide la fine di un governo instabile e fondato sulla menzogna, arrivando a presagire la fine del capitalismo. Castellammare non fu da meno delle altre cento città e  poco  importava se a scendere in piazza furono solo in trenta.  Il piccolo  corteo di giovani  si mosse il 6 dicembre come se fossero in trecento, protestando  contro l’ennesima strage delle forze dell’ordine dal grilletto facile,  lungo le strade cittadine. Un corteo silenzioso che diceva più delle parole. L’obiettivo era di arrivare sotto il Palazzo del Comune aspettando l’inizio del consiglio comunale provando a far approvare un ordine del giorno in cui si chiedeva il disarmo della polizia al grido di: I morti non aspettano.

Salvatore Vozza tornerà a scrivere  nel numero di gennaio 1969 con, Primo la fabbrica, in cui descrive le dure condizioni operaie. Tra gli altri vi è un articolo di Matteo Cosenza nel quale fa il resoconto dell’Assemblea Nazionale dei giovani comunisti che si era tenuta a Reggio Emilia,   della fase nuova in cui si era entrati, sulla consapevolezza dello scontro di classe in Italia rendendo attuale la costruzione del socialismo. Questo numero lo ricordiamo  perché, tra le altre  riporta la notizia della scomparsa di Luigi Di Martino e un avviso scritto a mano in cui lo stesso antico partigiano, sentendola vicina, anticipò di suo pugno il proprio annuncio mortuario.[4]  Qualche mese dopo a ricordare, ancora una volta la figura mitica di Luigi Di Martino, Nuova Iskra nel suo numero speciale di aprile, con trenta pagine, pubblicò una poesia di Catello Uvale, compagno di lotta e amico inseparabile del vecchio operaio della Navalmeccanica, poi sindacalista della Fiom ed infine Segretario della Lega dei pensionati della Cgil. Operaio della Navalmeccanica, delegato sindacale della Fiom, Uvale fu nel 1949  tra i promotori della fondazione del circolo Fgci stabiese e membro del primo Comitato costituente provinciale, infine Segretario della sezione Gramsci.[5]  Era il fratello di Attilio, partigiano fucilato dai nazisti il 5 agosto 1944 a Firenze. Nel 1962 lo ritroviamo consigliere comunale in compagnia della vecchia guardia comunista, tra cui lo stesso Di Martino, Pasquale Cecchi, Liberato De Filippo e Salvatore Cascone.

Qua e la nei vari numeri appaiono i nomi di altri periodici locali, quali la Vetta e la Medusa, (fatto di carta patinata e copertina costosa distribuito gratuitamente ad ogni studente), sui quali non ci soffermiamo avendone già scritto nel citato, La stampa periodica a Castellammare, polemiche con esponenti giovanili di altri partiti, tavole rotonde sui vari argomenti di interesse locale e questioni nazionali e internazionali. E non poteva mancare la pubblicazione a puntate di Lettera ad una professoressa, di don Lorenzo Milani e dei suoi allievi di Bibbiano, piccolo comune di Reggio Emilia, un libro del 1967 che a suo tempo fece scalpore mettendo in luce le troppe contraddizioni della scuola, poi esplose con le lotte studentesche del 1968/69.

Il numero di aprile 1969 fu l’ultimo ciclostilato della serie. Dopo tre anni il Bollettino lasciava il passo ad un vero e proprio giornale, trasformandosi in Periodico di battaglia politica e culturale. Entrava nelle edicole, quale numero unico, l’11 maggio al costo di cento lire ed esordiva con una intervista al Segretario della Camera del Lavoro, Eustachio  Massa sulla necessità dell’entrata in vigore dello Statuto dei lavoratori, poi diventato legge il 20 maggio 1970. La redazione era praticamente la stessa del vecchio ciclostilato, Carmine Longobardi e Franco Perez,  cui si aggiungevano Alfonso Selleri e Salvatore Vozza. Direttore Responsabile era Sergio Gallo, giornalista dell’Unità. Fin da subito il giornale affronterà temi, destinati a diventare veri e propri cavalli di battaglia del periodico, dalla politica urbanistica all’inquinamento del mare, una problematica già allora fortemente sentita, dal  dramma delle Terme Stabiane e del turismo, allo stato penoso della nostra archeologia, dal disastro della scuola alla, naturalmente,  condizione operaia, lo stato delle fabbriche, l’uso e abuso del denaro pubblico, non solo da parte dell’amministrazione comunale stabiese ma anche dei comuni vicinori, a partire da Gragnano feudo indiscusso di Ciccio Patriarca, fedelissimo della potente famiglia Gava. Ovviamente obiettivo principale era la Democrazia Cristiana, l’elefante bianco che dominava la scena politica locale, regionale e nazionale.

Il giornale ospitava spesso articoli di Salvatore Aiello, segretario della Commissione Interna della Navalmeccanica, candidato nelle liste del Pci nelle elezioni politiche del 1968, riscuotendo ottimi consensi con oltre 15mila preferenze;  di Liberato De Filippo, figura di primo piano della sinistra stabiese avendo ricoperto numerosi ruoli, da  Segretario della sezione locale del Pci a Segretario della Camera del Lavoro, da consigliere provinciale a terzo e ultimo sindaco comunista di Castellammare; di Luigi D’Auria, consigliere comunale e funzionario dell’Inca Cgil, battagliero e polemico militante del Pci fin dai primi anni ’40 e di Eustachio Massa. Non mancavano, alternandosi tra loro, le firme e le interviste dei vari  esponenti della società civile cittadina e di un misterioso, Fortegamba.[6]

Famosa rimane la campagna contro il fabbricato realizzato all’incrocio di Viale Europa con via Cosenza, costruito in violazione del piano di fabbricazione. Assessore ai lavori pubblici era Roberto Gava e sindaco Francesco Saverio D’Orsi, uno dei bersagli favoriti del giornale.[7] Le amministrazioni D’Orsi si sono rivelate le peggiori iatture e calamità che si siano mai abbattute sulla nostra cittadina, denunciava il consigliere comunale comunista, Giuseppe Ricolo. Recentemente a ricordare le nefandezze democristiane di quel periodo è stato un bel articolo di Enrico Fiore sul Corriere del Mezzogiorno. Forse non casualmente, Fiore fece il suo esordio giornalistico proprio sulle pagine di Nuova Iskra.[8]

Il periodico comunista tornava sull’argomento nel suo successivo numero, uscito il 10 gennaio 1970 attaccando il ministro di Grazia e Giustizia, Silvio Gava, che in un dibattito parlamentare sulla legge dei fitti aveva dichiarato  che in una fase eclatante di scandali edilizi solo a Castellammare non erano state commesse irregolarità. Nell’articolo venivano ricostruiti i vari saccheggi edilizi, la cementificazione selvaggia operante nei vari comuni del circondario, tutti a guida democristiana, di come suo figlio, Antonio, Presidente della provincia era stato condannato e sospeso per un anno dagli incarichi pubblici, fino ad entrare nel merito della speculazione edilizia in atto nella città stabiese.[9]

Di notevole interesse per quanti interessati a capire chi fu Pier Paolo Pasolini è l’articolo apparso il 12 marzo 1970 dove si fa il punto di un incontro dibattito del precedente 9 febb[10]raio tenutosi al Supercinema con la presenza della deputata Maria Antonietta Macciocchi, comunista all’epoca non ancora pentita, ma ancora più interessante la lettera al giornale di Francesco Rega in cui criticava la moderatrice e lo stesso scrittore per le sue contraddittorie posizioni sui vari temi –  sottoscrive petizioni a favore del Vietnam ma cena con Onassis dimenticando che costui figura tra i principali finanziatori di tutti i regimi fascisti e reazionari della terra e in primo luogo di quello che imperversa nel suo paese, la Grecia –  e la risposta di Matteo Cosenza con la quale concordava in alcuni punti con il lettore sulla strana  interpretazione del  marxismo da parte di Pasolini. Infatti lo scrittore pur dichiarandosi  marxista affermava di non conoscere la classe operaia ma solo i contadini ed i sottoproletari.[11]

Con il titolo, Vergogna D.C., Matteo Cosenza  attaccò frontalmente l’amministrazione democristiana, comunale e provinciale e la stessa Capitaneria di Porto per il modo in cui venivano praticamente cancellate le spiagge libere di Pozzano distribuendole tra i vari gestori che ne avevano fatto richiesta, alcune già presenti da diversi anni. La richiesta di spostarsi dal centro cittadino da parte dei diversi gestori nasceva dal divieto di balneazione del lungomare Garibaldi per l’accertato grave  inquinamento del mare che costeggiava la villa comunale. In particolare sotto accusa era il rinnovo della concessione stagionale al Bagno Limpida scaduta l’anno precedente a seguito della morte dell’intestataria, la vedova Venosa.[12]  L’accusa era di concedere alla famiglia Venosa un tratto di costa nei pressi della Corderia della marina  Militare sul quale insisteva una delibera provinciale del 1965 con la quale si decideva di poter  utilizzare l’area in concessione al solo scopo di allargare la rotonda ma col divieto di usare la zona anche temporaneamente per stabilimento balneare.

Il numero del 30 ottobre 1970 si aprì con un violento attacco a Vittorio Vanacore, Presidente dell’ospedale San Leonardo. Ancora una volta fu Matteo Cosenza a firmare il pesante articolo, ricostruendo la rapida carriera del personaggio, fin da quando vinse nel 1959 un premio di giornalismo assegnato dal locale Circolo Artistico per saggi ed articoli che trattassero di Castellammare. L’articolo del Vanacore, poi pubblicato sul quotidiano napoletano, Il Mattino, intitolato, Castellammare, regina delle acque, era in realtà copiato, perfino nella punteggiatura,  da un servizio pubblicato nel 1934 su di un numero unico intitolato, Quisisana.[13]  Non entriamo nel merito, chi vorrà potrà rifarsi leggendo per intero l’articolo, molto istruttivo su come sia possibile fare carriera, ieri come oggi e forse, purtroppo, come sempre, senza avere titoli, capacità ed esperienza se non quella di avere il giusto santo protettore. Nel caso di Vanacore aver sposato una donzella della famiglia Amato. Ricordiamo, per inciso, che nel 1992, Vittorio Vanacore rimase travolto dallo scandalo dell’ASL 35, ponendo fine ad un trentennio di dominio assoluto della sanità stabiese, all’indomani dell’omicidio del consigliere comunale Sebastiano Corrado da parte della camorra, scoperchiando un vaso di pandora di tangenti, appalti pilotati, prezzi gonfiati e assunzioni, provocando 54 arresti tra sindacalisti, consiglieri comunali, ex parlamentari, imprenditori senza scrupoli e dipendenti della stessa Asl.

Nello stesso numero interessante è anche l’inchiesta a firma di Franco Perez  sul turismo, giunta alla sua seconda puntata, accompagnata da una altrettanto bella lettera di Francesco Rega, con alcuni interessanti spunti destinati a rimanere tali per l’inerzia, l’incapacità della classe dirigente locale contenta di vivere dei piccoli privilegi del  sottogoverno clientelare politico – economico che domina la Piccola Città dei Gava.

Fedele al suo compito di giornale d’inchiesta, Nuova Iskra aprì il suo numero del 3 marzo 1972 sulla gestione dell’Albergo delle Terme costato alla collettività un miliardo e trecento milioni e affidato dalla EAGAT, l’ente nato per la gestione unica delle terme comunali e del nuovo complesso sul Monte Solaro,  al sorrentino Antonino Acampora per 27 milioni rifiutando offerte molto più vantaggiose, tra cui quella di Enzo Di Maio, proprietario del noto ristorante, Ciccio di Pozzano, pronto ad offrire 35 milioni di lire per la gestione dell’albergo. L’articolo, firmato da Catello Chiacchio, si dilunga sulle ragioni clientelari che avevano indotto L’ente ad affidare all’Acampora l’albergo, in particolare l’amicizia con la famiglia Gava.[14]

La vicenda dell’albergo trovò posto perfino nelle aule del parlamento con una interrogazione del senatore, Carlo Fermariello al Ministro, Flaminio Piccoli, di cui riportiamo il testo:

 

Al Ministro delle Partecipazioni Statali per sapere le ragioni per le quali l’Albergo delle Terme di Castellammare di Stabia, recentemente costruito sul suolo della SINT, il cui costo ammonta a un miliardo e trecento milioni di lire stanziate dalla Cassa del Mezzogiorno, sia stato ceduto in gestione ad un privato e se tale scelta non sia in contrasto col necessario carattere sociale del termalismo che richiede un rapporto diretto nell’arco dell’intero anno, tra cura termale e posti letto e non l’uso, a livelli elitario di una importante struttura alberghiera.

 

Ancora più duro e circostanziato l’interrogazione del deputato Luigi D’Angelo, splendida figura di operaio riuscito a entrare nelle aule del parlamento, di quando ancora vi era un partito che li rappresentava.[15] Nello stesso numero si affrontava la crisi della Calce e Cementi, anch’essa destinataria di varie, inutili, interrogazioni parlamentari, destinata ben presto alla chiusura, il grave inquinamento con la distruzione della fauna e flora marina della costa stabiese e un interessante, attualissimo articolo di Alfonso Di Maio sul Piano regolatore,  in cui dimostra come già allora era in atto un piano speculativo sull’area Cirio per far posto alla creazione di un nuovo centro direzionale, previo arretramento della stazione ferroviaria. Un progetto che tornerà spesso negli anni a venire, dal cosiddetto Occhio del mare dei primi anni ’90 fino al recente scandalo dell’area Cirio del maggio 2020, con denunce e  arresti di imprenditori e politici locali e regionali, alcuni in odore di camorra.

Per chiudere vogliamo ricordare che Nuova Iskra meritò di essere citata perfino da Fortebraccio, mitico, indimenticabile corsivista del giornale comunista, l’Unità, nel suo numero domenicale del 5 marzo 1972. Lo fece a seguito della pubblicazione, da parte del periodico stabiese, dei tassati per l’imposta di famiglia 1972 e da questo elenco si evinse che Silvio Gava pagava appena 10.764 lire annue su un imponibile di 320mila lire. La notizia, apparsa sul numero del 5 febbraio, fece talmente scalpore e scandalo che l’Unità e lo stesso Fortebraccio furono sommersi da lettere di sdegnata protesta, inducendo il famoso corsivista comunista ed ex democristiano, a scrivere  con la sua solita, proverbiale micidiale, sottile ironia, un velenoso divertentissimo corsivo.[16]

In realtà Nuova Iskra già nel numero del 12 marzo 1970 denunciava di evasione fiscale l’intera famiglia Gava mettendo a confronto il reddito dichiarato con il tenore di vita sostenuto:

 

Al professor Antonio Gava vorremmo chiedere come riesce con il suo reddito definito (5.445.050) ad avere una casa a Castellammare, una villa a Vico Equense, una casa a Posillipo, uno yacht a mare con un equipaggio di due uomini a fare crociere nel Mediterraneo per cacciare le balene, a fare la villeggiatura invernale a Cortina ecc., e ad avere anche i soldi per pagare le imposte? La seconda domanda la vorremmo rivolgere al senatore Silvio Gava. Non le sembra onorevole ministro, una ingiustizia (senza alcun riferimento al dicastero da lei retto) che lei paghi al comune di Castellammare lire 10.764 di imposta di famiglia?

 

La nostra ricostruzione sulla vita, non effimera, ma soprattutto non inutile, di Nuova Iskra si chiude qui. Il giornale lascerà spazio a una nuova iniziativa editoriale, dando corpo ad un nuovo periodico, Cronaca della Zona, poi Cronache che, a fasi alterne, uscirà fino a tutti gli anni Ottanta. Non sappiamo i motivi che  portarono alla sua chiusura, di sicuro ancora per qualche tempo Matteo Cosenza continuò a guidare anche il nuovo giornale, nonostante la sua  elezione a consigliere comunale nella tornata amministrativa del 26 novembre 1972, arrivando a ricoprire la carica di assessore all’urbanistica nella Giunta di sinistra guidata dal socialista, Antonio Capasso, ruolo mantenuto con la successiva amministrazione presieduta da Liberato de Filippo, l’ultimo sindaco comunista di Castellammare di Stabia nell’ormai lontano 1976.[17] Successivamente, da giugno 1973 iniziò a lavorare con  un nuovo, importante quindicinale, a tiratura regionale La Voce della Campania, di cui assumerà la direzione nei primi mesi del 1977. La nuova rivista  era nata su iniziativa di un gruppo di giornalisti democratici, esponenti politici e uomini di cultura che diedero vita ad una cooperativa editoriale.[18] Nel 1979 lascerà la direzione del quattordicinale a Michele Santoro.

Cronache sarà una fucina formidabile per una nuova leva di giornalisti stabiesi, tutti destinati a fama nazionale. Ne ricordiamo alcuni, da Luigi Vicinanza, a Antonio Polito, fino a Vittorio Ragone. Di questo abbiamo già scritto nel precedente lavoro già  ricordato. Chi scrive prova ancora un pizzico di nostalgia per  quel combattivo, propositivo  giornale. Sarà perché mi ricorda la lontana e perduta giovinezza, nostalgia di un passato lontano, ma forse, probabilmente, è solo nostalgia per la mancanza di un giornale capace di coniugare le idee di cui era portatore con l’inchiesta giornalistica senza peli sulla lingua.

[1]Cfr. Raffaele Scala: La stampa periodica a Castellammare di Stabia, pubblicato su Libero Ricercatore il 3 febbraio 2020 e su  Nuovo Monitore Napoletano del 17 febbraio 2020

Una copia, malridotta, de Luce del Popolo, è reperibile presso la Biblioteca Nazionale di Napoli

[2]Iskra dal russo Scintilla, fu un giornale socialdemocratico russo fondato da Lenin, il cui primo numero uscì il 24 dicembre 1900, quale organo del Partito Operaio Socialdemocratico Russo. Cfr. Wikipedia, ad vocem per un attacco

[3]Cfr. Unità, 20 luglio 1966: La nuova segreteria della Fgci. La segreteria era composta da Giuseppe D’Alò, Giuseppe Burgani, Antonio Cardelicchio, Ciro Corsaro, Matteo Cosenza, Antonio Miralto e Antonio Pinto.

Matteo Cosenza, figlio di Saul Cosenza, è nato a Castellammare di Stabia il 25 marzo 1949 e si iscrisse, ancora ragazzo, al circolo locale della Fgci nel 1964. Nel 1972, ancora studente, sarà candidato alla Provincia nel collegio di Castellammare-Sant’Antonio Abate ed eletto con 10.868 preferenze, superato unicamente dal candidato democristiano Francesco D’Orsi con 11.301 voti. Tra i  concorrenti ricordiamo il missino Giuseppe Abbate, il socialista Flavio Di Martino, il socialista unitario, Sebastiano Mariconda e il repubblicano, dirigente industriale, Ugo Sbrana. È stato membro della segreteria provinciale napoletana della Fgci e del Comitato regionale campano del Pci.

 

[4]Nuova Iskra, anno III,  n. 1 gennaio 1969: Avviso. Il giorno….alle ore…..è deceduto il Compagno Di Martino Luigi, riaffermando la propria fede nel Comunismo. Esso trionferà in Italia e nel mondo. Egli offre i suoi occhi e il suo cuore agli infermi per cui possano giovarsi. Le esequie avranno luogo il giorno…alle ore…partendo dalla casa dell’estinto. Firmato Luigi Di Martino.

[5]La prima formazione giovanile comunista si formò a Castellammare nei primi giorni di novembre del 1944 intitolando il circolo a Giorgio Solà con sede in via Roma 30. La presidenza fu assunta dallo studente Sebastiano Mariconda. Un mese prima, in ottobre, si era costituito un Comitato Giovanile aderente al Fronte della Gioventù composto da liberali, democratici del lavoro, cristiano sociali e comunisti. Ebbe vita brevissima.  Prima della Fgci, nei primi giorni di ottobre 1946 a Castellammare si era ricostituito un nuovo Fronte della Gioventù con l’adesione di oltre 150 giovani. Al movimento aderirono le masse operaie giovanili dei Cmi, della Navalmeccanica, della Calce e cementi e di altre industrie minori. In mancanza di locali adeguati occuparono provvisoriamente due stanze della sede ex GIL aprendo un contenzioso con un Ente di beneficenza cui erano destinati i locali. Cfr. ASN, Associazioni, Ufficio P.S. Castellammare di Stabia 9 ottobre 1946

La FGCI fu ricostituita a livello nazionale nel 1949 e primo Segretario Generale dell’organizzazione giovanile fu Enrico Berlinguer.

[6]Da una conversazione con Matteo Cosenza ho poi saputo che il misterioso Fortegamba altro non era che un giovane Alfonso Di Maio, consigliere comunale dal 1962 e  per diverse consiliature, poi consigliere provinciale e regionale. Docente universitario presso la Facoltà di lettere e Filosofia di Napoli,  Di Maio, già consigliere comunale a Gragnano, di cui è originario,  era stato nel 1964 uno dei fondatori del Psiup a Castellammare di Stabia,  passando successivamente, con lo scioglimento del Psiup,  nelle fila del Pci.

[7]Cfr. Nuova Iskra, anno I, n. 5, 29 novembre 1969: Sensazionale. Scandalo a Stabia; prima denunzia, articolo non firmato. Nello stesso giornale un articolo di Matteo Cosenza: I disegni sono ancora più criminosi, in cui affronta più complessivamente lo scandalo di un Piano regolatore che puntava tutto sulla scelta turistica e favorendo la  speculazione edilizia privata.

[8]Corriere del Mezzogiorno, inserto del Corriere della Sera, 18 giugno 2020:Città di mare con Gava, articolo di Enrico Fiore.

[9]Cfr. Nuova Iskra, anno II, 10 gennaio 1970: I nodi vengono al pettine per la speculazione edilizia a Castellammare di Stabia, articolo non firmato.

[10]Cfr. la biografia di Raffaele Scala: Liberato De Filippo, l’ultimo sindaco comunista di Castellammare di Stabia, pubblicato su www.liberoricercatore.it  il 9 agosto 2018.

[11]Cfr. Nuova Iskra, anno II, n 7, 12 marzo 1970: Pier paolo Pasolini, articolo di Antonino Di Vuolo  e Le contraddizioni di Pasolini, lettera di Francesco Rega e risposta di Matteo Cosenza.

[12]Cfr. Nuova Iskra, anno II, n. 8, 22 maggio 1970: Vergogna Dc, articolo di Matteo Cosenza, da quel numero anche direttore  del giornale, mentre la responsabilità era sempre in capo a Sergio Gallo.

[13]Cfr. Nuova Iskra, anno II, n. 11, 30 ottobre 1970: La dinastia degli Amato, articolo firmato da Matteo Cosenza.

[14]Cfr. Nuova Iskra, anno IV, n. 14, 3 marzo 1972: Albergo delle Terme. Il torbido è venuto a galla, articolo di Catello Chiacchio.

[15]Camera dei deputati, Atti Parlamentari, Discussioni, Seduta  del 4 luglio 1972 di Luigi D’Angelo: Ai Ministri delle partecipazioni statali e del lavoro e previdenza sociale.

[16]L’Unità, 5 marzo 1972: Oggi risponde Fortebraccio. Sottoscrizione. Cfr. anche l’Unità del 15 febbraio 1972, il corsivo dedicato alla presunta povertà, dichiarata dallo stesso Antonio Gava: Suo malgrado, ed infine l’Unità del 2 aprile 1972: I francobolli, in cui Fortebraccio da conto di una vera e propria sottoscrizione a favore della povertà dichiarata dai Gava. Somma raccolta, 3.405 lire!

Sulla dinastia Gava da leggere un impressionate articolo reportage di Maria Antonietta Macciocchi pubbblicato sull’Unità il 14 maggio 1968: Nelle banche di mezza Europa la fortuna della dinastia Gava.

Fortebraccia era lo pseudonimo di Mario Melloni con il quale firmava i suo corsivi su l’Unità. Nato a San Giorgio di Piano (BO) nel 1902, fu antifascista e partigiano, militando nelle fila cattoliche. Dopo la Liberazione si iscriverà alla Democrazia Cristiana, diventando giornalista del quotidiano, Il Popolo. Eletto deputato nel 1948 e nel 1953, fu espulso dal partito a seguito del suo voto contrario all’adesione dell’Italia all’Unione Europea Occidentale (UEO) perché quell’adesione avrebbe permesso il riarmo della Germania. Aderì al Partito comunista nelle cui fila fu eletto nuovamente deputato. Inizierà a scrivere il 12 dicembre 1967 con lo pseudonimo di Fortebraccio fino al 1982 un corsivo al giorno, escluso il lunedì. Scomparirà il 29 giugno 1989.

[17]Cfr. di Raffaele Scala: Liberato De Filippo, l’ultimo sindaco comunista, pubblicato su Libero Ricercatore il 9 agosto 2018 e su Nuovo Monitore Napoletano il 3 ottobre 2018.

[18]Cfr. l’Unità, 2 giugno 1973: Intercettazioni anche a Napoli. Filo diretto fra Questura e Sip, articolo di Eleonora Puntillo.

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