Antifascismo come la mafia? Un’accusa ignobile che mina le basi della Repubblica

 

di Tonino Scala

La recente comparsa di uno striscione ad Avellino che equipara l’antifascismo alla mafia, esposto da alcuni studenti irpini, non può che suscitare rabbia e indignazione. Siamo di fronte a un atto di straordinaria gravità, che non solo denota una preoccupante ignoranza storica, ma che rappresenta un vero e proprio attacco ai principi fondanti della nostra democrazia.

L’antifascismo non è un’opzione ideologica tra le tante, ma il valore costitutivo dell’Italia repubblicana. La nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, sancisce chiaramente il ripudio del fascismo e vieta la ricostituzione di un partito che si ispiri ai suoi principi. L’articolo 1 della nostra Carta proclama che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, ma senza la lotta antifascista non esisterebbe quella libertà che permette oggi a chiunque di esprimersi, anche a coloro che scelgono, in modo sciagurato, di calpestare i valori su cui si fonda la nostra democrazia.

Accostare l’antifascismo alla mafia è un’operazione infame e pericolosa. La mafia è un fenomeno criminale, un male che ha avvelenato il nostro Paese, ucciso servitori dello Stato, giornalisti, uomini e donne coraggiosi che si sono battuti per la giustizia e la legalità. L’antifascismo, al contrario, è stato il riscatto di un popolo oppresso, la battaglia di chi ha sacrificato la propria vita per restituire all’Italia la dignità e la libertà che il fascismo le aveva sottratto.

Non si tratta solo di ignoranza, ma di una precisa strategia volta a delegittimare la memoria storica e a riabilitare, seppur indirettamente, un’ideologia che ha portato l’Italia alla guerra, alle leggi razziali, alla repressione di ogni forma di dissenso. L’idea che l’antifascismo possa essere messo sullo stesso piano della mafia è qualcosa di profondamente sbagliato e pericoloso, un tentativo di riscrivere la storia con un linguaggio distorto e mistificatorio.

Il fascismo non è un’ideologia, ma un crimine che il nostro Paese ha pagato duramente, proprio come la mafia. Questa è la vera similitudine che descrive appieno la realtà.

Questi episodi non possono essere sottovalutati. Le istituzioni scolastiche e culturali devono svolgere un ruolo fondamentale nel trasmettere la memoria e il significato autentico della lotta antifascista. La politica deve intervenire con fermezza per ribadire che non c’è spazio per revisionismi che offendono le vittime del fascismo e sviliscono i valori della nostra Repubblica.

Il silenzio o l’indulgenza verso simili derive sarebbero un segnale gravissimo. L’antifascismo non è un nemico da combattere, ma l’unico argine contro il ritorno di pericolose nostalgie autoritarie. È necessario riaffermarlo con forza, senza ambiguità e senza esitazioni, perché la democrazia non è un bene scontato, ma una conquista che va difesa ogni giorno.

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