di Floriana Mastandrea
Ariano Irpino, 60 positivi al tampone: ellisse o cerchio, minaccia oppure occasione per un nuovo inizio?
Dei 673 risultati positivi al test sierologico, sui 13.444 volontari, il tampone ha individuato 60 positivi al virus, ovvero il 9,2%, pari allo 0,44% della popolazione monitorata. I risultati visti da Michele Ciasullo, medico attivo nelle nostre zone e presidente dell’Università Popolare Irpina.
60 positivi al tampone, che hanno il virus in corso:com’è valutabile questo dato?
Era prevedibile, si sapeva che c’era una parte visibile del problema: una parte era emersa e una sommersa, come un iceberg. Era un fatto acquisito che il problema degli Arianesi, si situava tra il rischio reale e quello percepito. Gli Arianesi hanno vissuto per molto tempo con l’angoscia, temendo di mettere un piede su una mina, uno stress, che avrebbe bisogno di un’indagine accurata. Abbiamo finalmente la mappa delle mine, la nebbia si è diradata e ha lasciato il posto alla visibilità: ora bisognerà acquisire dei comportamenti congrui. È importante utilizzare questa mappa per un nuovo inizio. Mi viene in mente lo scienziato russo Pavlov. Una volta rimproverò severamente un collaboratore per un ritardo al lavoro di 10-15 minuti. Era il 1917: il poverino gli rispose che aveva fatto tardi a causa della rivoluzione, ma lo scienziato gli replicò che non poteva essere un buon motivo per arrivare tardi. La scoperta di Pavlov dei riflessi condizionati, è in un certo qual modo, rapportabile a ciò che è accaduto agli Arianesi. Pavlov era partito dall’idea di capire se il suo cane distinguesse tra un’ellisse e un cerchio: al cerchio faceva seguire un premio, all’ellisse, una punizione. Il cane aveva imparato a riconoscerli: quando compariva l‘ellisse fuggiva e quando vedeva il cerchio, era contento e si preparava a ricevere il cibo. La furbizia di Pavlov, arrivò a rendere l’ellisse quasi un cerchio, pur rimanendo ellisse: creò una figura ambigua rispetto alla quale il cane non sapeva se attendersi un premio o una punizione, fino a produrre in lui un blocco. Morale della favola, un segnale ambiguo crea un’inibizione: Pavlov lo aveva scoperto! Probabilmente la popolazione arianese, è vissuta in ambiguità del segnale, confrontandosi con un cecchino invisibile che le ha creato un blocco psicologico, delle paure comportamentali, che nel tempo rimarranno, così come per il cane di Pavlov, come dei riflessi condizionati. In questo momento, tutti si stanno chiedendo se questo numero di contagiati sia una buona o una cattiva notizia, un cerchio un’ellisse. A mio avviso, ragionando per soluzioni, è una buona notizia: rispetto al terreno minato, sappiamo quante mine ci sono. A questo punto serve un obiettivo, la bonifica del terreno e una strategia, ovvero indicare alle persone il sentiero sicuro affinché non si metta il piede sulle mine. In questo momento, al di là delle polemiche, serve un riallineamento di percezione della realtà: Ariano ha bisogno di costruire un nuovo inizio, di eliminare l’ambiguità. Questo numero dev’essere interpretato come un’occasione. Di certo partirà un grande dibattito sul senso da dargli: non serve, poiché alimenterà la confusione. Il dibattito deve concentrarsi sul che fare.
Dunque che fare?
Bisogna fare un passo di grande responsabilità, evitando innanzitutto lo stigma delle persone contagiate, la loro colpevolizzazione. C’è bisogno di soluzioni. Individuato il contagio, se non ci sono morti, ricoverati in terapia intensiva o semplicemente gente che va in ospedale, vuol dire che c’è una bassa carica virale, ridotta: grazie al lockdown il virus ha circolato meno. Probabilmente, la maggior parte dei contagiati sarà portatrice sana del virus, una buona parte potrebbe essere asintomatica e così il virus, almeno temporaneamente, potrebbe starsi approssimando a chiudere il ciclo. In questi casi, l’etica del dubbio è più utile della certezza.
Cosa dovranno fare i positivi?
Grazie al modello di prossimità, costituito dalla rete dei medici di base, una risorsa purtroppo mal utilizzata, durante l’emergenza, queste persone saranno seguite nel tempo insieme ai loro contatti. Il punto di forza in questo momento più che mai, è la medicina di prossimità, forte del rapporto personale che i medici di base hanno con i loro pazienti. La carta più importante e utile da spendere.
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