di Tonino Scala
Vorrei iniziare il mio personale ricordo di Catello fissando un’immagine. Siamo quasi alla metà degli anni novanta. Campagna elettorale per l’Ulivo, Vozza Candidato nel collegio uninominale. Io e lui nella mia due Cavalli con tettuccio apribile e le sue parole: Ja mietteme chella ‘nu poco ad Ornella Vanoni. Gli piaceva, assaie.
“Sai, c’è una ragione di più per dirti che vado via. Vado e porto anche con me La tua malinconia”
Si perché la notizia di ieri ha portato in me e in tanti di noi una profonda malinconia.
Catello sembrava eterno. Inossidabile. Una roccia. Un vulcano che fumava, e quanto fumava. Sempre attivo che sapeva eruttare e nello stesso tempo accarezzare.
Forse perché era sempre stato, la dico così, Vecchio con questa fisionomia da sempre anche quando era giovane. Sembra vecchio, saggio, adulto anche da giovane, ma è sempre stato il più giovane di tutti noi.
Chi era Catello? Difficile dirlo.
C’ho pensato tutta la notte.
Nella mia mente un film in una nottata insonne in cui frammenti di una vita intensa, flash back mi hanno fatto compagnia.
Era parte di un trio che ha fatto la storia politica di questa comunità: ‘o sicche, ‘o chiatte e chille ca’ barba. Lui era ‘o sicco.
Trio che poi è diventò un quartetto come ci ha ricordato Matteo Cosenza ieri con l’avvento del giovane ormai grande Salvatore: I quattro fratelli.
Chi era Catello? Un costruttore di guai. Politici e non solo. Io sono uno di quelli nei quali ha creduto, il primo a dire il vero.
Chi era Catello? Catello era tante cose.
Proverò, non sarà facile, a parlare di Catello senza parlare del nostro rapporto, sarebbe riduttivo.
Innanzitutto Catello Chiacchio, tutto attaccato, era un uomo. Un uomo con tanti pregi e tanti difetti, tanti limiti e una genialità innata.
Catello Chiacchio giocava un altro campionato su questa terra rispetto a noi. Era un fuoriclasse. Poi era un compagno nell’accezione più vera del termine. Cum Panis un nome che accomuna chi mangia lo stesso pane, ma ad una condizione: doveva pagare lui anche quando non aveva un centesimo. Era così e non si discuteva altrimenti te lo facevi nemico.
Dire solo compagno è riduttivo era un compagnone era più di un compagno. Lui c’era, sempre, anche quando avevi litigato per motivi futili o di visione delle cose o del mondo. Lui c’era sempre e ti aspettava. O al Corso Vittorio Emanuele in quella che è stata per anni, troppi anni la sua casa, o ad un tavolino di un bar dopo la fine di un sogno chiamato PCI.
Tutti si ricordano di questa nostra unione non solo politica, anche se va detto che in tanti anni di militanza solo per tre anni abbiamo avuto la stessa visione, la stessa unione di intenti, abbiamo visto dalla stessa parte allo stesso modo, ma siamo sempre stati insieme, uniti anche litigando di brutto. Perché?
Perché Catello era un compagno.
Era un riformista, un migliorista che però dialogava, accompagnava noi giovani più a sinistra nel nostro percorso non solo politico.
Politica… Catello era un politico nell’accezione più piena. Era un animale politico dentro tutte le vicende che riguardavano questa città, questo mondo.
Curioso, attento, un fine intellettuale che sapeva confrontarsi con tutti con registri diversi passava dal linguaggio aulico al marciapiede senza scomporsi.
Amava profondamente il popolo, la gente, i ragazzi al di là del colore politico, dell’appartenenza.
Il più grande insegnamento che mi lascia Catello, insieme a quello dell’amore per la vita, per gli altri, è il considerare l’avversario non un nemico, ma un avversario da sconfiggere per poi prendersi insieme un caffè e continuare a discutere.
Catellochiacchio sempre tutto attaccato era le Terme alle quali ha donato la vita. Catellochiacchio non era solo quello che oggi definiremmo un problem solving era un riferimento, vero per i lavoratori che dopo la sua meritata pensione, si son sentiti sempre più soli.
Catello era un amico, di tutti, era un riferimento per tanti giovani di più generazioni con i quali parlava fino a notte fonda di tutto.
Fumava e quanto fumava. Fumava e parlava. Fumava Futura. Anche in quel pacchetto di sigarette puzzolenti c’era un disegno: guardare al futuro. Fumava e parlava. Parlava e quanto parlava. Parlava e fumava. E rideva. Quante risate ci siamo fatti.
Ci ha aiutato non ad allungare la vita, sarebbe impossibile, ma ad allargarla.
Amava la vita, i giovani, la città, la sua, la nostra Castellammare, la conosceva, bene. Conosceva tutto della città e in pochi istanti riusciva a fare una tac con mezzo di contrasto con diagnosi attente, lucide.
Ha attraversato la vita di tanti di noi. È stato il precursore, e qui quante mazzate ci siamo dati, del PD. Credeva nell’unione tra il mondo cattolico con quello comunista. Credeva nel Partito Democratico, ci siamo tirati i capelli in scontri epici su questo. Scontri che terminavano con una sola frase che ripeto in modo più edulcorato: tu nun capisci niente.
Catellochiacchio era un giocatore, un grande giocatore. Con la vita ha giocato, non solo a dadi, senza prendersi mai sul serio pur facendo dei ragionamenti serisssimi, profondi che lo hanno spinto a scegliere fin da ragazzo un percorso di vita che ha segnato non solo la sua vita, la sua esistenza, ma di quelli che gli sono stati vicini, della sua famiglia, ma pure la nostra.
Insomma Catellochiacchio era tante, troppe cose e ci mancherà, tanto.
Mi auguro che chi lo accoglierà per questo suo ultimo viaggio sarà clemente lui.
In fondo Catello non ha fatto altro che assolvere, in pieno, al compito che ognuno di noi ha su questa terra: vivere. Lui lo ha fatto come voleva facendo capire a tutti quanti noi quanto sia bella la vita.
Catellochiacchio era rock pur amando la musica melodica. Era un’icona pop. E quanto ti ho voluto bene Catè.
Catellochiacchio era una bandiera non da sventolare, ma da custodire gelosamente. Ed è per questo che voglio consegnargli la mia bandiera quella che doveva accompagnare me nel mio ultimo viaggio quando sarà arrivato il momento speriamo non subito. Da domani mi metterò in cerca per trovarne un’altra. Ma questa spetta a lui, al compagno Catellochiacchio che lascia un vuoto e un sorriso a chi gli a voluto profondamente bene.
Grazie compagno grazie per avermi voluto bene, grazie per averci voluto bene senza se e senza ma e per averci donato consigli, ramanzine, risate, pensieri lunghi e tante ma tante altre cose che hanno segnato la nostra esistenza.
Mi raccomando ovunque tu sia divertiti, fumateli tutti e Nun t’appiccicà c”o cavaliere.
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