di Raffaele Scala
E allora, non chiedere mai per chi suoni la campana. Essa suona per te.
Sono solo dei vecchi, quante volte l’abbiamo sentito dire in queste settimane? Lo dicevano illustri professori, lo ripetevano i medici degli ospedali ed i giornalisti nei loro notiziari, amplificando una mezza verità. Lo hanno detto fino alla nausea, inculcando nei ragazzi la convinzione della loro immunità presunta, fino a farglielo credere e così per troppe settimane hanno continuato a far finta di nulla, a riempire bar, pub e pizzerie, piazze, muretti e marciapiedi, incuranti di quello che accadeva intorno, nella loro città, nel Paese. Neanche per un attimo hanno pensato che se anche fosse stato vero, dovevano pur ritornare a casa, frequentare i genitori, i nonni, i parenti tutti e contagiarli, per, in alcuni casi, ammazzarli. A radicare la convinzione che in fondo era solo un influenza, che tutto sarebbe passato in fretta con l’avvento della prossima primavera, non mancavano famosi influencer, carismatici personaggi pieni di sé e vuoti di sostanza, capaci di condizionare, via rete, masse grige prive di gusto, stile e personalità. A fare da cassa di risonanza, via web, carta stampata e televisione, i più disparati, allucinanti ospiti, specialmente in trasmissioni in cui la gara era a chi la diceva più grossa, a chi urlava di più, a chi offendeva di più, all’insegna del, lei non sa chi sono io, personaggi privi di scrupoli, pieni solo di sé, la cui esistenza è da sempre votata unicamente all’apparire, al presenzialismo esasperato A dare sostanza non mancavano, non mancano gli sciacalli della politica, irresponsabili con incarichi di partito e istituzionali. Salvo precipitose marce indietro, incredibili, momentanee mea culpa.
Morivano, muoiono, come mosche gli ottantenni, non per covid 19, ma con il covid 19, perché il loro organismo era già debole, almeno due o tre diverse patologie, tengono a sottolineare gli esperti, nascondendo un malcelato sospiro di sollievo. E quindi se non era oggi, sarebbe accaduto domani, una alzata di spalle e via, la vita continua, bella come prima. Ma poi a morire sono stati anche i settantenni, i sessantenni, qualche cinquantenne, perfino alcuni quarantenni. Ma anche loro, si sono affrettati a dire i soloni della medicina, erano malati, avevano il diabete, erano cardiopatici, l’ipertensione arteriosa e chissà che altro. Un modo assurdo per rassicurare la popolazione, il popolo bue pronto a bere tutto quanto viene propinato. L’ha detto la televisione, lo hanno detto i Professori! Poi si è scoperto, non hanno potuto nasconderlo, potenza dell’informazione globale, di internet, che a morire erano anche i ventenni – in Belgio, addirittura, una dodicenne – ragazzi privi di patologie, sani come pesci. Pochi casi, fortunatamente, ma neanche loro erano, sono immuni, anche loro erano, sono, figli di un dio minore, umani, mortali come tutti. Ora che lo hanno capito stanno imparando a rispettare le regole, a stare in casa, ad uscire il meno possibile. Stanno imparando che se si ammalano possono uccidere e anche morire.
Oggi contiamo 132mila contagiati e oltre sedicimila morti in Italia – erano poco più di diecimila i colpiti e 631 i deceduti, appena 25 giorni fa, soltanto 25 giorni fa, il 10 marzo di una vita fa! – superando ampiamente la quota psicologica, una soglia sulla quale neanche i più pessimisti avrebbero, probabilmente, mai scommesso si potesse arrivare, un numero pari alla metà di quello che si registra nel resto d’Europa, altrettanti nel resto del mondo, ma qui continuiamo a dire, nonostante tutto, senza pudore, senza vergogna, si però il novanta per cento sono vecchi e malati, come a dire che avere più di settant’anni non da nessun diritto ad avere un futuro, corto o lungo che sia. Sei vecchio, non puoi dare più nulla alla Società, sei solo un peso per la collettività, un costo per un Sistema fondato sul profitto, che importa se hai lavorato per 40/50 anni, se hai, con i tuoi sacrifici, con il tuo lavoro di un’intera esistenza, contribuito a migliorare la vita di chi è venuto dopo di te. Una fetta importante della quarta età spazzata via, un pezzo di storia che se ne va, testimonianze preziose cancellate in poche settimane. Uomini e donne che hanno costruito la nostra Repubblica, che meritavano una serena vecchiaia, pur con i loro acciacchi, i pochi o tanti malanni, godere della gioia dei nipoti, delle loro passeggiate, del sole del mattino, il piacere del tramonto. Tutto finito nel peggiore dei modi, neanche il funerale è stato garantito, vietato perfino l’ultimo saluto. Rinchiusi nelle bare accatastate l’uno accanto all’altra, portati via su camion militari per essere cremati lontani da casa, dalla loro città, dalla loro regione. Poveri inutili vecchi. Qualcuno ha scritto che quando muore un vecchio è come se chiudesse una biblioteca, nulla di più vero, per quando piccola questa possa essere, porta con sé un bagaglio di storie, di esperienze non indifferente, un piccolo, grande archivio vivente di umana cultura cancellato per sempre. È vero, è la giostra della vita, si potrebbe dire, ma questa è una roulette che l’alieno venuto da chissà dove, chissà perché ha deciso di fermare anzitempo obbligando in troppi a lasciarci. Un alieno aiutato, in alcuni casi, in alcuni luoghi, da chi ha deciso con arrogante supponenza, non ha saputo vedere, forse semplicemente non ha voluto, supportato da una cinica, sbrigativa organizzazione sanitaria che non lascia spazio, non lo ha lasciato a chi ormai poteva solo offrire ricordi.
Dire con vergognosa superficialità, erano solo vecchi con patologie, è una bestemmia, un offesa all’umanità, alla sua ultra millenaria storia. Sono uomini e donne quelli che muoiono, una parte di noi perché quando suona la campana, scrisse quattro secoli fa, John Donne, misconosciuto poeta inglese, non bisogna mai chiedersi per chi suona, essa suona per te, per noi, per tutti.
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