La rivolta in USA: la campana suona anche per noi

di Raffaele Cimmino

La grande sollevazione dei neri contro le violenze della polizia e l’omicidio di George Floyd stanno sconvolgendo gli USA più del Covid-19. Gli omicidi a sfondo razziale causate dalle condotte spropositatamente violente della polizia in diversi stati americani non sono un fenomeno nuovo, hanno anzi prodotto un movimento duraturo e trasversale come Black lives matter. Ma qualunque osservatore può constatare che stavolta c’è qualcosa di diverso. Non è solo rivolta contro il razzismo, come piace vedere anche a molti commentatori della sinistra liberal. Non è in verità neanche l’annuncio di una rivoluzione o la garanzia della sconfitta di Trump. La rivolta sembra essere soprattutto contro l’oppressione sociale di cui il razzismo è strumento e non fine. E non è affatto strano che questa sollevazione così estesa avvenga nel pieno della crisi del coronavirus. La pandemia ha fatto più di centomila morti, ma la crisi ha bruciato 44 milioni di posti di lavoro. E siamo solo all’inizio. Quelli che sono rimasti sul terreno sono i neri, i latinos, le minoranze cioè gli sfruttati, i senza diritti addetti ai lavori più in basso bella scala del valore liberista. Quelli a cui il capitalismo americano ha sempre promesso che con il duro lavoro la ricompensa sarebbe arrivata, un buon stipendio anche, e magari persino l’assicurazione sanitaria. Ecco, a questo non crede più nessuno. Quelli in fondo alla scala sociale, i neri per primi , hanno capito che il sistema farà pagare loro il prezzo per intero. E non sono più disponibili a subire. Quella in corso sembra essere proprio una vera e propria crisi di legittimità del capitalismo americano di cui Trump incarna la faccia più truce ma che i democratici rivestono solo di facce più presentabili difendendone la sostanza. La crisi insomma sta scoppiano proprio in quella zona di confine tra produzione e riproduzione sociale su cui secondo Nancy Fraser si costruisce il capitalismo come sistema sociale istituzionalizzato e non semplicemente come modo di produzione confinato all’economia. Insomma il neoliberismo come forma del capitalismo postmoderno sembra non reggere più di fronte al colpo arrivato dalla pandemia, la sua egemonia sta andando in pezzi. Oggi, l’America sembra lontana e in una situazione molto diversa da quella europea, ma la campana suona per tutti. La rivolta contro il capitalismo può arrivare nelle piazze oltre che nelle urne anche in Europa. E non necessariamente avrà qui un segno di richiesta di più democrazia e diritti come quella in corso nelle strade americane. Qui l’onda potrà essere un’onda nera che sommerge tutto. Al capitalismo può andare bene rinunciare alla copertura della democrazia liberale; il capitalismo delle piattaforme sembra in fondo già ben attrezzato. Ma a quale prezzo per le élite che ancora hanno il controllo della situazione sebbene con sempre maggiori difficoltà? Tutto dice che non basterà un recovery fund.

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