Lavorare meno, lavorare meglio: la battaglia per il futuro del lavoro in Italia

di Tonino Scala, Segretario regionale di Sinistra Italiana Campania

 

In tutta Europa si discute e si legifera per ridurre l’orario di lavoro, migliorare le condizioni dei lavoratori e aumentare i salari. L’Italia, invece, sembra andare nella direzione opposta.

 

Il caso spagnolo: meno ore, più salario

La Spagna ha appena dato il via libera alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario: da 40 a 37,5 ore settimanali. Una legge che coinvolgerà milioni di lavoratori e lavoratrici e che porterà anche a un aumento degli stipendi, dato che le ore extra saranno retribuite come straordinari. Inoltre, questa misura avrà un impatto positivo sulle donne, che rappresentano il 75% dei contratti part-time, garantendo loro condizioni lavorative migliori.

 

In Europa la settimana corta avanza

Non solo la Spagna. In Islanda, dal 2016, l’86% dei lavoratori ha scelto la settimana lavorativa corta. In Belgio, nel 2022, è stata introdotta la possibilità di lavorare quattro giorni a settimana. In Portogallo, dal 2023, un progetto pilota coinvolge decine di aziende. Modelli simili si stanno diffondendo in Francia, Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Svizzera e Regno Unito.

 

E in Italia? Più ore, meno salari

Nel nostro Paese, al contrario, si lavora troppo e si guadagna poco. Abbiamo sei milioni di disoccupati, due milioni dei quali giovani, e continuiamo a ignorare una possibile soluzione: la riduzione dell’orario di lavoro. Invece di affrontare il tema, il governo Meloni e la maggioranza hanno bocciato la proposta unitaria delle opposizioni – a prima firma Fratoianni – di ridurre l’orario di lavoro per migliorare la qualità della vita e aumentare l’occupazione.

 

L’Italia lavora più della Germania, ma produce meno

Nel nostro Paese si lavorano in media 1.723 ore all’anno, contro le 1.356 della Germania. Eppure, il nostro PIL pro capite è più basso. Questo dimostra che lavorare di più non significa lavorare meglio. Anzi, lo sfruttamento del tempo di lavoro si traduce in straordinari non pagati, precarietà e working poor. Inoltre, la disparità di genere è evidente: il part-time involontario è una piaga che colpisce soprattutto le donne, rendendole economicamente più vulnerabili.

 

La riduzione dell’orario di lavoro è una battaglia di civiltà

La storia ci insegna che ogni conquista in questo campo è frutto di lotte e mobilitazioni. Dalle 16 ore al giorno nelle filande dell’800 alle 48 ore settimanali del 1919, fino alle 40 ore attuali: nulla è stato regalato. Ora è il momento di fare un ulteriore passo avanti. La nostra proposta è chiara:

 

Riduzione progressiva dell’orario di lavoro fino a 32 ore settimanali, a parità di salario

 

Investimenti in formazione, innovazione tecnologica e sostenibilità

 

Migliore qualità della vita per i lavoratori e le lavoratrici

 

 

Costruiamo una grande mobilitazione per il lavoro

Il governo ha provato a seppellire questa discussione, esattamente come ha fatto con il salario minimo. Ma noi non ci arrendiamo. È il momento di una grande mobilitazione per riportare al centro il lavoro e i diritti. Per questo, è fondamentale sostenere i referendum che in primavera ci daranno l’opportunità di cambiare le cose.

 

Non aspettiamo che sia troppo tardi. Organizziamoci, mobilitiamoci, torniamo

a far sentire la nostra voce.

 

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