di Fabio Carbone
Il disegno di legge Piantedosi n. 1660 sulla sicurezza, approvato alla Camera e ora in attesa dell’approvazione del Senato, è in contrasto con i caratteri fondativi del nostro sistema democratico. Il DDL 1660 instaura in Italia lo stato di polizia. Si tratta di un mostro giuridico che trasuda l’evidente fascinazione della destra italiana per la repressione come dispositivo della governamentalità e rappresenta il grado più elevato di aggressione ai diritti civili e sociali perpetrata a mezzo delle leggi dello Stato. La norma è l’ennesimo prodotto di una cultura politica che trova nel populismo penale e nell’euristica della paura come fonte di consenso elettorale la linfa vitale della propria proliferazione, la scoria più pericolosa dell’autoritarismo della classe dirigente che governa questo Paese. Ma sarebbe riduttivo legare la genesi del DDL 1660 al tradizionale obiettivo politico della destra italiana di Meloni, Salvini e Tajani, cioè la repressione del dissenso. Questo provvedimento lacera lo stato di diritto e corrode alle fondamenta la democrazia perché fa qualcosa di peggio: espunge in maniera violenta il conflitto sociale.
Il disegno di legge si concentra su quattro articolazioni della vita pubblica che rappresentano altrettanti momenti nei quali questa norma interviene per brandire il codice penale come dispositivo coercitivo nei confronti dei comportamenti individuali e collettivi nello spazio pubblico e urbano. L’ossessione securitaria della classe governante non è, purtroppo, appannaggio della destra di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia: a fare da pietra miliare dell’uso demagogico e classista del diritto penale è il pacchetto Minniti, l’insieme delle misure sulla sicurezza urbana ideate dall’allora Ministro degli Interni del governo Gentiloni a guida Partito Democratico. Ma sulle responsabilità e sulle contraddizioni di chi oggi si trova a protestare insieme ad Alleanza Verdi Sinistra e al Movimento 5 Stelle torneremo un’altra volta.
Il profilo anti-costituzionale, reazionario e fascista del DDL 1660 si ricava dalla stigmatizzazione del dissenso come atto criminale e, ironia della sorte, anti-democratico, ispirato dall’idea di trasformare le fratture sociali in reati da codice penale. Bloccare una strada per sensibilizzare sugli effetti del cambiamento climatico, occupare un immobile in disuso per trovarvi riparo e recuperare un minimo di dignità della persona in chi non ha una casa, protestare per le condizioni disumane e illegali nelle carceri o nei centri di detenzione dove sono ospitati i migranti: sono solo alcuni degli esempi di questioni sociali che con il DDL 1660 sono trasformate in questioni di ordine pubblico animate da un principio repressivo che trova il suo motore nella stessa sempiterna visione del mondo di questa classe dirigente, quella neoliberale.
Il DDL 1660 risponde pienamente al tentativo del neoliberismo di destrutturare le politiche sociali, anestetizzando le fratture presenti nella società e, per conseguenza, estirpando il conflitto instaurando uno stato di eccezione permanente. Perché è fondamentale cogliere questo passaggio? Perché il conflitto sociale genera la democrazia, mentre la sua negazione e la sua repressione genera l’esatto modello di governo a cui la destra di Meloni, Salvini e Tajani propende fin dal suo insediamento nei banchi di governo: ridurre lo Stato a cane da guardia delle forze del mercato e del capitalismo e neutralizzare il conflitto sociale spostandone i caratteri da atto collettivo consapevole a violenza bestiale. È così che viene legittimata, proprio come suggerisce il mantra neoliberale del “There is no alternative”, l’accettazione dell’atrofizzazione dei diritti fondamentali dell’individuo e della collettività: la militarizzazione del discorso pubblico come fondamento euristico della disumanizzazione della diseguaglianza sociale.
Il conflitto, come ricordava Marx, è la storia della lotta di classe, della lotta tra oppressi e oppressori, è la radice della società democratica perché è dal conflitto che nasce la conquista dei diritti e delle libertà civili e sociali. L’intera storia umana è generata dal conflitto. Se il DDL 1660 esistesse da sempre, non sarebbero stati possibili fenomeni ed eventi della Storia come il Sessantotto, come la conquista del diritto al divorzio e all’aborto, non sarebbe stata possibile Genova 2001, non sarebbe esistito il grande movimento pacifista che invase le strade italiane per chiedere lo stop alla guerra nel 2003, non sarebbero esistiti i movimenti sociali femministi, ecologisti, pacifisti che hanno animato questo Paese in ogni fase della sua costruzione repubblicana e democratica. Il disegno di legge Piantedosi è l’apoteosi della negazione della politica: da strumento di trasformazione della società a dispositivo di gestione autoritaria delle fratture sociali generate dal capitalismo neoliberale.
Ma l’alternativa c’è eccome. Bisogna spazzare via questa classe dirigente e politica eversiva e reazionaria. Per questo domani 25 settembre scenderemo tutti e tutte nelle piazze e nelle strade del Paese per esercitare il conflitto democratico e il diritto al dissenso contro questa destra neofascista che progetta di attentare la Costituzione e instaurare uno stato di polizia. Opporsi alle nuove leggi fascistissime è un dovere morale per salvaguardare il Paese dalla regressione sociale, politica, economica e culturale in cui Meloni, Salvini e Tajani lo stanno trascinando.
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