L’Europa pacifista di fronte al riarmo: una risposta necessaria

di Tonino Scala

 

Il dibattito sulla guerra e la pace in Europa viene spesso affrontato in modo parziale, contrapponendo un pacifismo ritenuto “morale” e accettabile a un “neo-pacifismo” descritto come strumentale, superficiale e influenzato da attori esterni. Questa lettura semplifica eccessivamente una questione complessa, riducendo a una contrapposizione ideologica un tema che merita invece un confronto più approfondito.

Un pacifismo consapevole, non strumentale

L’unità dell’Europa intorno al riarmo viene presentata come una scelta razionale e inevitabile, mentre il pacifismo viene spesso liquidato come un fenomeno legato più a dinamiche politiche interne che a una reale riflessione sulla sicurezza internazionale. Ma questa impostazione tralascia un aspetto fondamentale: chi oggi si oppone alla corsa agli armamenti non lo fa per dogma ideologico, ma perché ritiene che la sicurezza vada costruita in modo diverso.

Il pacifismo europeo non è una semplice reazione emotiva alla guerra, ma una posizione lucida che mette in discussione un modello di difesa basato esclusivamente sulla logica militare. Pensare che la sicurezza dipenda solo dal rafforzamento delle forze armate significa ignorare la possibilità di alternative più efficaci, come il potenziamento della diplomazia e della cooperazione internazionale.

La pace come scelta di responsabilità

L’Europa ha imparato dalla sua storia il costo del militarismo e della guerra. Il pacifismo di oggi non è il frutto di un’illusione, ma di una consapevolezza maturata in decenni di impegno per la costruzione di un continente basato sul dialogo e sulla prevenzione dei conflitti.

La strategia del riarmo viene presentata come la risposta più concreta alle crisi internazionali. Ma questa scelta, più che un passo obbligato, è il risultato di una precisa impostazione politica che tende a privilegiare la dimensione militare rispetto a quella diplomatica. Il pacifismo non si oppone alla difesa della libertà, bensì alla convinzione che la guerra sia l’unico strumento per garantirla.

Un’Europa che sceglie il futuro, non il passato

Si tende a descrivere il pacifismo come un fenomeno ciclico, spesso utilizzato per contestare i governi occidentali, quasi fosse un riflesso politico più che una posizione autentica. Ma questa interpretazione non coglie la varietà e la ricchezza delle esperienze pacifiste in Europa. I movimenti per la pace non sono un blocco monolitico né si muovono per interesse elettorale: rappresentano una rete ampia e articolata di associazioni, intellettuali e cittadini che credono in un’alternativa concreta alla militarizzazione del continente.

Mettere in discussione il riarmo non significa ignorare le minacce esistenti, ma chiedersi se l’attuale strategia sia davvero la più efficace. L’Europa ha le capacità per investire in una politica estera che punti sulla mediazione e sul rafforzamento delle istituzioni internazionali, invece di alimentare una nuova corsa agli armamenti.

Chi teme un’Europa pacifista?

L’idea che il pacifismo possa essere un fattore di instabilità o un ostacolo alla sicurezza è una visione parziale che rischia di sottovalutare le reali possibilità di un’Europa che investe sulla pace. Guardare con diffidenza a chi propone soluzioni diverse dalla militarizzazione può limitare il dibattito su un tema cruciale per il nostro futuro.

Oggi, di fronte a un contesto internazionale complesso, l’Europa deve decidere se affidarsi a schemi del passato o se costruire un nuovo modello di sicurezza. Il pacifismo non è un’utopia, ma una scelta strategica basata sulla consapevolezza che un mondo più sicuro si costruisce con il dialogo e non solo con le armi.

Noi scegliamo la pace.

 

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