Non deve accadere mai più: rinsaldiamo la memoria!

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di  Giovanni Capobianco

 

Il 27 gennaio 1945, l’Armata Rossa entrò ad Auschwitz e scoprì l’orrore dello sterminio di 6 milioni di bambine e bambini, donne e uomini, che avevano la “colpa” (?) di essere: ebrei, zingari, omosessuali, disabili.

In Italia quello stesso giorno, dal 2000, in anticipo di 5 anni sull’ONU, è diventato il giorno del ricordo della crudeltà, della disumanità, della ferocia, con cui i nazisti effettuarono la più orrenda strage di tutti i tempi.
Non fu il primo sterminio di un popolo intero (basta ricordare quello degli Armeni della seconda decade del Novecento) e purtroppo non fu neanche l’ultimo.

Aveva ragione Primo Levi che, scampato allo sterminio di Auschwitz, tornò in Italia e scrisse il libro “Se questo è un uomo”. Se è successo una volta, può succedere di nuovo! Questo ho pensato, uscendo da Auschwitz con negli occhi le tonnellate di capelli di donne recisi e le scarpe, e gli occhiali, e le protesi, e le valigie, e i pentolini, e i vestitini, e i pennelli, e le spazzole, e i rasoi, e le creme, tolti ai prigionieri, da vivi o da morti”.

Affinché non avvenga di nuovo, è importantissimo e meritorio il lavoro che fa la scuola italiana il 27 gennaio di ogni anno, facendo conoscere alle giovani generazioni quanto è successo, raccogliendo quindi lo spirito del libro di Primo Levi: bisogna ricordare ciò che è stato, affinché l’orrore non si ripeta.

La scuola da sola però non ce la fa: ogni donna e uomo, non deve scivolare nell’indifferenza, né minimizzare gli eventi o addirittura negarli (risoluzione dell’ONU 2005).

Per tramandare la memoria dell’evento più tragico e disumano del Novecento, un ruolo importantissimo è quello che hanno gli intellettuali democratici.

Questi intellettuali, però, quando partecipano ad iniziative organizzate dalla destra retriva e reazionaria, per un debole tornaconto propagandistico personale, di fatto disorientano le coscienze e si rendono inconsapevoli complici di quanti minimizzano o negano l’orrore causato dai nazisti nei campi di concentramento, sparsi in Germania e nei Paesi occupati.

Affinché non accada di nuovo ciò che è successo allora, è necessario ricordarlo tutti, donne e uomini, coltivando la memoria con costanza, ogni giorno dell’anno e non soltanto il 27 gennaio.

 

Giovanni Capobianco, presidente provinciale ANPI – Avellino

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