
di Tonino Scala
In Florida si discute la possibilità di far lavorare i bambini a partire dai tredici anni. Non è una distopia, non è un romanzo dickensiano, non è una puntata di Black Mirror. È il 2025, è l’Occidente, è la “terra delle libertà” che oggi, senza vergogna, propone di mandare ragazzini nei campi, nei turni notturni, in lavori usuranti, per più di otto ore al giorno. Non bastava l’attacco continuo ai diritti sociali, ora si torna apertamente alla normalizzazione dello sfruttamento minorile. Come nell’Ottocento, quando le fabbriche inglesi inghiottivano le vite dei bambini per produrre più velocemente e a minor costo.
Due proposte di legge stanno per essere approvate: servono braccia giovani per coprire la mancanza di manodopera migrante, colpevole solo di essere “straniera” in una nazione che ha fondato la propria economia sul lavoro degli altri. Si taglia sull’immigrazione? Bene, allora lavorino i bambini. Tutto torna, tutto è funzionale. È la rivincita del capitalismo nella sua forma più brutale, quella che considera l’essere umano non in base alla sua dignità, ma in base alla sua produttività.
E mentre questo accade, il mondo guarda altrove. Non una parola di condanna, non una mobilitazione globale. I grandi media riducono tutto a una curiosità marginale, i governi democratici tacciono. Il silenzio è complice, sempre.
Ci stanno abituando all’ingiustizia. La scuola come strumento di emancipazione sociale viene ridotta a optional, i diritti conquistati con lotte secolari diventano merce di scambio per logiche di profitto. Si cancellano le conquiste del Novecento, si riscrive la storia al contrario. E nel silenzio totale, si torna all’Ottocento.
La Florida oggi è solo l’inizio. Domani toccherà ad altri Stati. E dopodomani? Dovremo difendere l’infanzia con le unghie, perché nel mondo che avanza, il lavoro minorile non è più un crimine: è una strategia economica.
Non possiamo restare in silenzio. Non possiamo abituarci. Perché il futuro si costruisce sui sogni dei bambini, non sulla loro fatica.
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