
di Tonino Scala
Capisco che gli eventi internazionali impongano la necessità di prendere posizione, che nel caos geopolitico di oggi serva più Europa. Ma chi, in questi anni, ha contrastato le politiche dell’Unione non può aderire a uno slogan senza differenziarsi. Michele Serra lancia una manifestazione, uno slogan che comprendo, ma una forza politica, in quella piazza, deve starci con le sue rivendicazioni, con una piattaforma diversa.
Più Europa? Sì, ma quale Europa?
Da anni ci ripetono che serve “più Europa”, che l’integrazione è la chiave per affrontare ogni crisi, che senza l’Unione saremmo perduti. Ma di quale Europa stiamo parlando? Di quella dell’austerity, delle regole di bilancio imposte con la mannaia, del rigore finanziario che ha soffocato intere economie e generazioni? Di quella che ha sacrificato il Sud del continente per salvare le banche del Nord? Della Troika che ha schiacciato la Grecia, che ha imposto privatizzazioni selvagge e tagli ai servizi essenziali? Della stessa Europa che ha inchiodato l’Italia a vincoli di spesa insostenibili, devastando la sanità pubblica e precarizzando il lavoro?
Se questa è l’Europa che ci vogliono vendere ancora, allora no, grazie.
Serve più Europa? Certo. Ma un’altra Europa.
Un’Europa che non sia custode cieca del neoliberismo, ma uno spazio di diritti, welfare e investimenti pubblici. Un’Europa che non obblighi gli Stati a tagliare i servizi per rispettare parametri arbitrari, ma che imponga regole per fermare il dumping salariale, la precarizzazione del lavoro e la delocalizzazione selvaggia. Un’Europa che non sia solo un’unione monetaria e bancaria, ma una comunità politica e sociale.
Vogliamo un’Europa della giustizia sociale, non della speculazione. Un’Europa della solidarietà, non della competizione spietata. Un’Europa che metta al centro il lavoro, la sanità, l’istruzione, non il profitto delle multinazionali.
Se questa Europa non cambia, allora “più Europa” significa solo più disuguaglianze, più povertà, più rabbia sociale. E allora no, grazie.
Una piazza per l’Europa, sì. Ma per
un’altra Europa.
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