di Stefano Ioffredo
In questo momento stiamo affrontando una delle emergenze sanitarie più difficili che mai.
Senza ombra di dubbio la pandemia di Covid-19 in Italia ha fatto emergere maggiormente la fragilità e le contraddizioni del nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN), ma le criticità che in questo particolare momento ne provocano il collasso sono le stesse che da anni lo costringono a vivere in uno stato di sofferenza costante: carenza di personale e di materiali, diminuzione di posti letto nei reparti e per la terapia intensiva e considerevole depotenziamento dei servizi di assistenza sanitaria in generale.
Non entrando troppo nel merito, se andassimo a consultare i numeri del report dell’Osservatorio GIMBE n.7/2019 e quelli dell’ISTAT, qualsiasi persona in totale autonomia capirebbe che le cause di codeste criticità sono provocate prettamente dalla mancanza di politiche economiche volte a rilanciare e migliorare la qualità del servizio sanitario pubblico e garantire a tutti il diritto alla salute. Oggi forse percepito più come un prodotto da acquistare che come un diritto imprescindibile di ciascuno di noi.
Infatti sono ben 37 i miliardi di euro sottratti alla sanità pubblica soltanto negli ultimi dieci anni, per motivi che ovviamente non erano collegati esclusivamente alla crisi economica del paese.
Per essere chiari, attraverso questa regolare riduzione dei costi del sistema sanitario, dalla fine degli anni novanta ad oggi l’Italia ha ridotto in maniera progressiva i posti letto nella terapia intensiva fino al 51%, passando da 575 ogni 100.000 abitanti ai 275 attuali. Inoltre il nostro Sistema Sanitario Nazionale dal 2009 al 2017 ha perso circa 46.000 dipendenti, dei quali 8.000 medici e 13.000 infermieri e Il blocco delle assunzioni non ha favorito assolutamente il lavoro del personale in servizio, spesso costretto a lavorare in condizioni di enorme disagio o con orari insostenibili.
Un crollo dunque prevedibile e coerentemente in linea con le politiche di definanziamento del SSN prodotte dai governi italiani nell’ultimo ventennio e che in sostanza hanno determinato lo smantellamento della sanità pubblica e favorito al contrario la crescita della sanità privata, la quale oggi secondo l’AIOP (Associazione Italiana Ospedalità Privata) conta circa 70.000 dipendenti.
Dati che è giusto ricordare non per puntare il dito su ciò che è stato e mettersi alla ricerca di un capro espiatorio o di un nemico a cui dare la colpa ma anche affinché nessuno possa pensare in questo momento al Coronavirus e ai drammi che ha provocato e sta provocando ancora nel nostro paese sul piano economico, sanitario, sociale e politico come il leggendario “vaso di Pandora” che, una volta aperto, fa uscire fuori tutti i mali del mondo rendendolo un luogo deserto e inospitale e che infine l’umanità possa riprendere il destino nelle proprie mani solo attraverso l’attesa e la speranza. Non è così.
Se si pensasse per un attimo a questo momento non come una comune emergenza da affrontare ma come una vera e propria guerra per la sopravvivenza contro un nemico che ci tiene sotto costante assedio, forse sarebbe molto più semplice trovare la strategia migliore per sconfiggerlo anche in una condizione complessa come quella che stiamo vivendo. Una battaglia in cui ogni soldato è chiamato a fare la propria parte senza pensare alla casa di appartenenza, organizzando insieme i reparti, supportandosi a vicenda nelle difficoltà e dove nessuno va lasciato solo.
Di fronte allo stato dei fatti con la costante crescita dei contagi e dei decessi in Italia è assolutamente paradossale che non si decida di mettere subito in campo un modello di assistenza sanitaria unico e solidale, proprio di uno stato civile, e che non vi sia ancora una gestione unitaria e totalmente gratuita della sanità pubblica e di quella privata per affrontare questa emergenza. Addirittura la Cina e Cuba in queste settimane hanno inviato qui medici e personale sanitario per aiutarci a superare l’emergenza e nelle regioni più colpite si contano sulle dita di una mano le strutture private che hanno messo a disposizioni posti letto e strumentazione.
Quale è invece il reale e concreto contributo che può dare la sanità privata in questa guerra contro il Coronavirus in Italia?
Le proposte ci sono, serve solo la volontà comune!
Per iniziare una parte delle strutture sanitarie private potrebbero prendere in carico i pazienti non contagiati dal Coronavirus e che necessitano di interventi chirurgici, terapie o visite ambulatoriali.
In particolar modo i bambini, gli anziani, i pazienti oncologici o con patologie particolari, i diabetici e le donne in stato di attesa o per controlli ginecologici.
Questo per tutelare maggiormente la salute di chi continua ad avere bisogno di assistenza sanitaria a prescindere dal virus, allontanando il rischio di contagio negli ospedali impegnati contro il Covid-19. Altre strutture ospedaliere invece potrebbero mettere a disposizione i propri posti letto in terapia intensiva per i pazienti contagiati dal Coronavirus in gravi condizioni in assenza di posti nelle strutture pubbliche.
Inoltre in queste condizioni è assolutamente indispensabile eseguire uno screening massivo della popolazione. Occorre aumentare il numero giornaliero dei tamponi, identificare in tempo i contagiati e agli asintomatici così da garantire ai pazienti meno gravi di ricevere un’assistenza domiciliare ed evitare così l’affollamento degli ospedali.
Considerato che in Italia esistono anche decine di migliaia di laboratori clinici privati convenzionati, in questo lavoro magari potrebbero mettere a disposizione il proprio personale e la propria strumentazione per eseguire l’attività dei tamponi per la popolazione. Anche solo pochi giorni alla settimana.
Infine i medici e il personale delle strutture ospedaliere private potrebbero essere impegnati qualora vi fosse la necessità per fornire garantire assistenza domiciliare ai disabili e agli anziani con limitate capacità motorie o sensoriali che non possono recarsi in ospedale per le visite ambulatoriali.
Senza un vaccino per il Covid-19 e la con la curva dei contagi che continua a crescere ogni giorno di più non esistono altre soluzioni possibili. È indispensabile che in questa battaglia per la salute di tutti e tutte vi sia il totale e gratuito supporto da parte della sanità privata.
Qualora ciò non avvenisse e la parte privata dovesse mostrare un palese disinteresse verso la salute di tutte e tutti noi contribuenti che finanziamo l’intero Sistema Sanitario Nazionale (privato e non), quando tutto sarà finito, forse andrebbe messo in discussione l’attuale Sistema Sanitario e dovremmo invece decidere di crearne uno migliore che abbia a cuore la salute delle persone più del profitto.
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